Fincantieri è la quarta azienda al mondo per cantieristica navale ed è per la sua quota di maggioranza di proprietà pubblica, già dalla sua fondazione ai tempi dell’IRI. Quasi a voler sottolineare per l’ennesima volta che la proprietà pubblica non è una condizione sufficiente ed è perfettamente compatibile con lo stato borghese, ha diecimila dipendenti diretti e fattura circa 5.8 miliardi di euro (dati 2019).
La modalità di lavoro preferita all’interno dei cantieri navali è quella della precarietà del subappalto, una forma di dumping sociale dove trovano spazio intermediari parassitari, con ampio sfruttamento della manodopera meglio se straniera e quindi ricattabile. Le aziende del subappalto spesso sono gestite da ex operai stranieri anch’essi, che riuniscono attorno a loro un’unità di produzione praticamente atomizzata di 10-15 lavoratori, che si occupano di un solo preciso passo nella lavorazione delle grandi navi.
Periodicamente Fincantieri balza agli onori delle cronache. Nel gennaio 2020 ad esempio, sui quotidiani locali è stata la volta dell’inchiesta giudiziaria sulla “paga globale” che ha scoperchiato un sistema di sfruttamento e mazzette per ottenere gli appalti. Succede di nuovo il 15 febbraio quando i Carabinieri a Monfalcone hanno fatto scattare le manette per tre capicantiere della Pad Carpenterie, azienda con sede nelle Marche. I reati contestati sono intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro, estorsione e somministrazione fraudolenta di manodopera. A farne le spese lavoratori in gran parte bengalesi che venivano sfruttati con paghe da fame di cui dovevano restituire una parte (tra i trecento e i quattrocento euro) ai propri caporali. Un sistema ben congegnato nei minimi particolari che prevedeva il pagamento di un affitto di 50 euro al mese per poter usufruire dell’armadietto e addirittura, il pagamento di una quota straordinaria di almeno 700 euro all’atto dell’assunzione. Alcuni lavoratori si sono ribellati a questo sistema di moderno schiavismo e dopo aver denunciato tutto ai Carabinieri si sono rivolti a SlaiProl Cobas.
Fincantieri a tutto questo risulta essere estranea, anche se qualche dubbio effettivamente sorge. A beneficiare di tutto questo sistema, infatti è in primis proprio Fincantieri che utilizza manodopera in molti casi anche specializzata pagando il minimo indispensabile perché il sistema regga. Molti lavoratori di origine bengalese impiegati in Fincantieri sono ottimi saldatori, dotati di patentino che hanno una certa fama tra le aziende appaltatrici. Aziende che nella maggior parte dei casi non sono in grado di sostenere la mole di lavoro che Fincantieri gli affida, nascendo e morendo come mosche generando così precarietà. Tutta questa precarietà diffusa naturalmente si scarica completamente sulle spalle dei lavoratori.
Il Fronte Comunista sostiene ed incoraggia la lotta dei lavoratori contro i loro aguzzini condannando il continuo ricorrere dei padroni agli appalti e subappalti. Un sistema che mostra ad ogni inchiesta giudiziaria, la relazione tra padroni e caporali.