L’inchiesta giudiziaria sulla falsificazione dei dati sui contagi in Sicilia, che ha portato all’arresto di una dirigente regionale e di due suoi collaboratori e alle dimissioni dell’indagato assessore alla sanità Razza (uomo di fiducia di Musumeci), smaschera ancora una volta la reale natura antipopolare del governo regionale guidato da Musumeci e di una criminale gestione pandemica diretta a salvaguardare gli interessi della classe imprenditoriale a discapito della vita, della salute e dei diritti dei lavoratori e delle classi popolari.
In quest’anno di pandemia, oltre a rilevarsi in tutta la loro drammaticità le conseguenze delle profonde carenze del sistema sanitario regionale, presto collassato a causa di decenni di politiche di sottofinanziamento, esternalizzazioni, convenzioni e privatizzazioni, chiusure di ospedali e medicina territoriale, tagli al personale sanitario e ai posti letto, la barbarie capitalista si è manifestata anche nel continuare a dare priorità ai profitti padronali, come dimostrato nel caso della prematura riapertura per la stagione turistica estiva e la mancanza di adeguate misure di protezione sanitaria nei luogo di lavoro rimasti costantemente aperti.
È per perseguire questa politica al servizio degli interessi capitalisti che l’apparato burocratico e amministrativo regionale ha prima camuffato i dati relativi alle disponibilità di UTI e adesso persino alterato quelli sui contagi e i morti per favorire le attività imprenditoriali, cercando di mettere in “buona luce” l’operato del governo regionale in una cinica ricerca di consenso elettorale sulla pelle di migliaia di persone che continuano a contagiarsi, ammalarsi e morire. Ma i “trucchi” utilizzati non possono riuscire a nascondere la realtà quotidiana vissuta dai lavoratori e dalle classi popolari siciliane esposte all’insicurezza sanitaria e al deterioramento delle loro condizioni di vita.
Al di là del corso giudiziario che avrà questa specifica vicenda, ci sono precise responsabilità che ricadono sul governo Musumeci, le forze politiche e istituzioni borghesi e le associazioni padronali. Non basta indignarsi, né è sufficiente chiedere le dimissioni di Musumeci, bisogna organizzarsi per lottare contro questo barbaro sistema basato sul profitto capitalista le cui fondamenta marce emergono ancora una volta.