Dopo mesi di apprensione e negoziati, è arrivata la doccia fredda per i lavoratori storici della Simet Spa, la linea di trasporto interregionale di Rossano che, pur non avendo convenzioni specifiche, fa di fatto le veci di un trasporto pubblico definanziato e reso disfunzionale dall’autonomia regionale. L’impresa ha notificato il licenziamento di 40 dipendenti, mettendo in atto il decisivo passaggio di una ristrutturazione aziendale che mira a trasformare il modello dell’azienda con il pretesto della crisi di questi anni scaricando le (presunte) difficoltà su chi ha creato la ricchezza dei padroni della ditta. La maggioranza dei lavoratori, peraltro, appartiene alla fascia ionica, la zona in cui le linee presentano più lavoro – indice della malafede della dirigenza. I lavoratori si stanno attualmente organizzando per dare una risposta giuridica e, soprattutto, sindacale e conflittuale al comportamento dell’azienda. Nel frattempo, la politica locale e la regione hanno continuato a fare orecchie da mercante, con il pretesto dell’assenza di fondi per intervenire sul problema (nonostante la liquidità si palesi, poi, quando c’è bisogno di dare supporto a realtà legate agli amministratori locali come le cliniche private).
Ma la vicenda della Simet sembra avere radici più lontane di ciò che appare. Infatti, dal 2018 l’azienda ha cominciato ad appaltare alcune linee a imprese esterne, esternalizzando il servizio. In questo momento nella linea da Crotone a Roma e viceversa il trasporto viene operato da altre aziende che hanno sempre la livrea Simet, gli autisti con divisa Simet, ma sono dipendenti di aziende di noleggio autobus. L’obiettivo dei padroni è, evidentemente, diventare un business modalità Flixbus, scrollandosi il personale di dosso, delegando il servizio vero e proprio ad aziende che riescono a risparmiare di più sui dipendenti attraverso un minor costo del lavoro e, magari, dei contratti con minori tutele, assumendo personale giovane con i nuovi contratti atipici e senza il vecchio articolo 18, ma mantenendo il brand e l’organizzazione del lavoro in generale.
Negli ultimi due anni la Simet ha lavorato molto sul piano psicologico per fare in modo che molte persone andassero via da sole. Di fatto, il licenziamento collettivo è partito già due o tre anni fa, attraverso una pressione informale dei dirigenti e dell’azienda che prospettava di continuo una imminente chiusura o riduzione del lavoro. Di recente era stato aggiunto il ricatto degli stipendi: durante i mesi del lockdown, nonostante il lavoro andasse avanti, i pagamenti venivano erogati in ritardo.
La Simet fa parte di quell’insieme di compagnie di trasporto su gomma privato che hanno messo su linee interregionali utilizzando i soldi pubblici, facendo impresa con i soldi della collettività e utilizzando questo privilegio per offrire lavoro precario e farsi una becera concorrenza con servizi che, peraltro, sarebbero molto più efficienti e di qualità se non schiavi di questa rincorsa al profitto. Una situazione completamente contraddittoria e che dovrebbe lasciare spazio ad un’unica linea pubblica che tuteli la stabilità e il trattamento contrattuale di tutti i lavoratori oggi disoccupati o al servizio del privato, oltre che la fruizione del servizio degli utenti, anche in zone non attraenti a livello commerciale.
Appoggiamo, dunque, i lavoratori della Simet Spa nella loro lotta sul territorio e incoraggiamo ogni convergenza con le battaglie portate avanti, nella regione Calabria, da altri lavoratori.
La mercificazione della forza lavoro, alla radice di questa e altre vicende di sfruttamento e speculazione, potrà essere arginata o abbattuta solo promuovendo la coscienza di classe nei lavoratori stessi, che devono marciare uniti contro il nemico comune, il sistema capitalista e la concorrenza al ribasso che ne consegue.