Sanità in Calabria… Dove eravamo rimasti!!!
Dopo la proiezione del 3 gennaio del film “C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando” presso “La casa della musica” di Lungro, in cui vengono messe a nudo le cause e le responsabilità del declino del sistema sanitario nazionale, abbiamo continuato a chiederci cosa si potesse fare, quali potessero essere i bisogni del nostro distretto sanitario, quali fossero le azioni che avrebbero potuto migliorare il funzionamento della medicina nel nostro territorio.
Purtroppo la regionalizzazione e l’aziendalizzazione della sanità pubblica sono i due fattori primari del declino di quest’ultima, difatti il tentativo “assurdo” di gestire le unità sanitarie locali come vere e proprie aziende in cui l’unico obiettivo è far quadrare i conti ha fatto sì che i rami del sistema con meno entrate venissero chiusi e/o delegati al privato, specialista nel puntare ai soli ambiti lucrosi.
La regione spende cifre abnormi, ogni anno, per la sanità privata convenzionata; parliamo di strutture che si occupano degli interventi più profittevoli che lasciano al pubblico le pratiche “svantaggiose” come il pronto soccorso, la terapia intensiva e tutta quella serie di analisi strumentali meno redditizie. Come se non bastasse, le inefficienze e la preminenza del privato su determinate prestazioni finiscono col minare il diritto alla salute dei cittadini delle classi meno abbienti, i quali spesso non possono permettersi tali prestazioni dovendo, così, adattarsi ai tempi biblici del servizio pubblico, con tutte le conseguenze che ne derivano, dall’aggravamento delle patologie al ritardo nelle diagnosi.
Dal momento in cui il sistema sanitario non ha ruotato più intorno al raggiungimento e al mantenimento del benessere della persona bensì si sono dati ad esso obiettivi economici, dovendo rientrare nei tagli ai fondi che si sono susseguiti negli ultimi decenni, la qualità delle prestazioni si è inevitabilmente inabissata in una delirante applicazione del concetto darwiniano di sopravvivenza del più forte e allontanandosi dal concetto iniziale di servizio sanitario pubblico che poneva la sanità come bene universalmente fruibile.
La nostra regione è – purtroppo e da troppo tempo – anche inadempiente nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) per quanto riguarda, ad esempio, l’assistenza domiciliare agli anziani, il numero di posti letto per l’assistenza ai disabili o ai pazienti terminali, o ancora nella effettuazione degli screening oncologici per tumori di mammella, colon-retto, polmoni ed utero.
La situazione della casa della salute di Lungro non fa eccezione. L’ex ospedale, dalla metà degli anni 90, è stato pian piano espoliato dei servizi e dei reparti fino a quando l’ormai famigerato Piano di Rientro ne ha decretato la chiusura.
La trasformazione in casa della salute non ha mai rispettato realmente le funzionalità necessarie per far sì che esso potesse rimanere un presidio territoriale efficiente: circa 3 anni fa è stato chiuso il laboratorio analisi, da più di un anno (per il pensionamento dell’ultimo tecnico) la radiologia si è trasformata in un servizio ad intermittenza nelle disponibilità di un tecnico esterno, i servizi ambulatoriali sono privi di strumentazioni adeguate – mancano computer, etichettatrici e alcuni strumenti diagnostici fondamentali – ed è impossibile utilizzare la piazzola di atterraggio dell’elisoccorso a causa (pare) del non corretto taglio dell’alberatura collocata lungo il perimetro.
Accanto alle carenze ospedaliere, non si possono né si devono dimenticare quelle della Medicina Territoriale, vera e propria “Cenerentola” di tutto il sistema socio-sanitario, il che significa carenza, ribadiamo, nella Medicina Preventiva.
Per nostra natura siamo sognatori e crediamo veramente che si possa fare tanto per il nostro oramai ex ospedale. Sappiamo, altresì, che è necessario rimanere con i piedi per terra ed essere concreti e nell’esercizio di questa attività siamo fermamente convinti che la riapertura del laboratorio analisi sarebbe un obiettivo perseguibile in tempi relativamente brevi se ci fosse un reale impegno politico e se questo non venisse profuso solo per battaglie di facciata cadenzate dalle varie tornate elettorali.
Si potrebbe partire da qui per arrivare all’attivazione ex-novo di altri servizi fondamentali per il nostro territorio. Dopo la sua chiusura, pare che il laboratorio analisi non sia stato completamente smantellato e anche nell’ipotesi in cui fosse necessario rinnovare la strumentazione perché ritenuta obsoleta, questa sarebbe fornita dalle aziende a cui i responsabili si rivolgono per l’acquisto dei reagenti e non sarebbe l’ASP a doversi sobbarcare l’onere, fatta eccezione per la piccola strumentazione (centrifughe, bilance, ecc…) e per l’assunzione e la stabilizzazione del personale.
Una sanità pubblica e universale è un diritto fondamentale per cui dobbiamo lottare con tutte le nostre forze, pertanto chiediamo:
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La riapertura del Laboratorio analisi.
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Il ripristino della regolare attività di radiologia.
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La riparazione del macchinario T.A.C. e la relativa riattivazione del servizio.
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L’ampliamento dell’orario delle prestazioni ambulatoriali che, vista l’utenza, dovrebbero essere aperti tutti i giorni.
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L’attivazione di un’area dedicata alla tutela della salute delle donne.
È fondamentale coinvolgere altre realtà in questo importante e necessario percorso di rilancio del ruolo dell’assistenza socio-sanitaria nel nostro territorio; realtà che non possono essere solamente i soliti comitati locali o tavoli permanenti che dall’alto piovono sui territori, cercando di promuovere chissà quali attività e provando a raccogliere intorno a loro i cittadini senza coinvolgerli realmente nell’analisi delle problematiche e nell’organizzazione della lotta, ma devono essere costituite da forze di classe composte da lavoratori, disoccupati e studenti consapevoli e disposte a lottare unite.
Non possiamo più tirarci indietro, recuperiamo le occasioni perdute o addirittura mancate! È la nostra lotta!
FRONTE COMUNISTA CALABRIA
COLLETTIVO STIPATURI – LUNGRO