Il bilancio dell’ennesimo omicidio sul lavoro, dovuto all’esplosione alla centrale idroelettrica di Suviana, è di tre morti, cinque feriti e quattro dispersi, le cui probabilità di essere ritrovati ancora vivi sono vicine allo zero secondo i soccorritori.
Una tragedia che segue quelle simili e recenti dell’incidente ferroviario di Brandizzo, in cui hanno perso la vita cinque operai, e del crollo del cantiere Esselunga a Firenze, dove altri cinque lavoratori sono rimasti uccisi. La cornice di tutto questo è un Paese in cui ogni giorno, in media, muoiono tre lavoratori e dove ogni minuto ha luogo un incidente sul lavoro.
Di fronte a questo stillicidio, dinanzi alle ennesime parole di facciata di politici e istituzioni borghesi, complici e responsabili degli omicidi sul lavoro, la risposta non può essere la conciliazione di classe. È quanto mai necessaria una presa di coscienza del fatto che alla base di queste tragedie ci sono i rapporti di produzione di tipo capitalista, i rapporti di forza sbilanciati a favore del capitale e il modello economico e sociale che questi portano a mettere in pratica. Le forze politiche che in queste ore parlano di sicurezza sul lavoro sono le stesse che nel corso degli anni hanno fatto parte di governi che portavano avanti attacchi senza precedenti alle condizioni di lavoro proprio per tutelare quei profitti che, come vediamo, continuano a mietere vittime ogni giorno.
La liberalizzazione definitiva dei subappalti stessi, avvenuta con il governo Draghi, in continuità con gli esecutivi precedenti, è ormai un fatto politicamente consolidato. La strategia conciliatoria e collaborazionista delle segreterie dei sindacati confederali (CGIL, CISL e UIL), nonostante le dichiarazioni sulla necessità di aumenti salariali e sulle contraddizioni più evidenti dell’attuale legislazione del lavoro, come il problema dei subappalti selvaggi, emerge in tutta la sua inadeguatezza nel momento in cui si cerca di andare oltre le proteste formali dei loro leader. Il decreto lavoro del centro-destra non ha visto una reale opposizione sui luoghi di produzione e nessun provvedimento reale è stato preso per rimediare ai danni dell’assenza di sicurezza sui luoghi di lavoro.
A fronte di tutto questo sosteniamo la mobilitazione dei lavoratori combattivi, a prescindere dalla loro collocazione sindacale, che in queste ore si stanno mobilitando per denunciare l’ingiustizia delle morti sul lavoro e lo sdegno per le ennesime di vittime di un episodio che non può essere derubricato a fatalità. Solo una risposta operaia cosciente e duratura potrà mettere realmente all’ordine del giorno il superamento del sistema di appalti e subappalti, l’abolizione dei tagli alla sicurezza in nome dei profitti, il potenziamento degli ispettorati del lavoro, interventi necessari in un’Italia in cui il bilancio delle morti sul lavoro raggiunge cifre inaccettabili.
Come comunisti rilanciamo l’impegno a lavorare quotidianamente nella classe affinché siano evidenti i legami fra queste morti ed il sistema che le genera, affinché sia sempre più forte l’opposizione operaia al capitalismo che genera guerre e miserie, affinché i lavoratori si dotino di un’organizzazione di classe all’altezza dei loro bisogni e necessità.