Atene, 12 aprile 20241
Cari compagni,
permettetemi di portarvi i saluti del CC e dei militanti del Fronte Comunista d’Italia e di ringraziare i compagni del KKE per avere ospitato questo nostro incontro.
Il tema di questa riunione è molto importante non solo per l’avvicinarsi delle elezioni europee, ma anche perché per noi comunisti la chiarezza sulla lotta contro l’Unione Europea è di assoluta necessità per la definizione di una comune strategia rivoluzionaria. Sosteniamo la proposta di dichiarazione comune e sottolineiamo l’importanza di riportare ai popoli dei nostri paesi le ragioni della posizione comunista contro l’Unione Europea, profondamente diversa da quella dei “sovranisti” di destra e di sinistra perché sorretta e motivata da una solida visione di classe.
Il programma del Fronte Comunista d’Italia definisce l’Unione Europea come una alleanza imperialista e reazionaria del capitale in Europa, per mezzo della quale i monopoli dei paesi membri perseguono i propri interessi comuni e, al contempo, negoziano le condizioni della concorrenza tra loro stessi.
In Italia, la rottura rivoluzionaria dell’UE è al contempo un obiettivo strategico dei comunisti e un tema di confronto politico con le forze opportuniste. Da più di 15 anni, infatti, gli sforzi per la ricostruzione comunista in Italia si intrecciano con la lotta politica-ideologica contro le tendenze opportuniste che negano il carattere reazionario della UE e sostengono la riformabilità della UE in favore dei popoli e della classe operaia.
In Italia, ma non solo, la socialdemocrazia e l’opportunismo hanno da sempre avuto una funzione di supporto della costruzione imperialista europea, ben evidenziata da tre dati di fatto:
1) L’Italia è stata portata nel sistema dell’euro dal governo socialdemocratico formato dallo stesso gruppo dirigente eurocomunista che aveva liquidato il PCI;
2) Il Partito della Sinistra Europea, che oggi è il principale centro di coordinamento dell’opportunismo in Europa, è stato fondato a Roma nel maggio 2004 su iniziativa dell’allora segretario del Partito della Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti, che fu eletto primo presidente della Sinistra Europea;
3) Da più di un decennio, dopo la crisi politica e di consenso del PRC, persistono in Italia i tentativi, a tutt’oggi senza successo, di costituire un partito opportunista legato alla Sinistra Europea attraverso eclettiche coalizioni elettorali genericamente di sinistra più o meno “radicale”. Nel 2014, mentre i lavoratori greci soffrivano per i memoranda della Troika (BCE, Commissione Europea e FMI), in Italia la “sinistra” opportunista erigeva il principale responsabile dell’attuazione di quei diktat antipopolari a proprio simbolo, presentando una lista elettorale denominata “l’Altra Europa con Tsipras”.
La nostra opposizione alla UE si basa sull’analisi della realtà concreta. Nell’ambito di una crescente competizione imperialista in Europa e nel mondo, l’UE ha gravi responsabilità per gli eventi che hanno determinato l’escalation della guerra tra Ucraina, USA-UE-NATO, da un lato e Russia capitalistica, dall’altro lato. I progetti di rafforzamento dei dispositivi militari comunitari esistenti (PESCO, PSDC, ecc.) e di creazione di un Esercito Europeo sono espressioni dell’aggressività del capitale europeo e comportano un enorme drenaggio di risorse dal soddisfacimento dei bisogni primari delle masse popolari, alle quali si impongono ulteriori, insostenibili sacrifici, ai profitti dei capitalisti del settore armamenti.
Quasi tutte le principali politiche anti-operaie e anti-popolari attuate in Italia degli ultimi decenni rispondono al disposto di direttive europee. In nome dell’UE, del mercato comune e dei principi di liberalizzazione sono stati promossi in Italia la precarietà del lavoro, la riduzione progressiva dei salari reali, i tagli alla spesa sociale. In particolare, negli anni in cui l’Italia era uno dei paesi chiamati con l’acronimo “PIGS”, i vincoli del patto di stabilità sono stati utilizzati per scatenare un attacco generalizzato contro il proletariato che ha spazzato via diritti e tutele conquistati in decenni di lotte, realizzando di fatto un imponente trasferimento di risorse dal lavoro salariato e dal welfare al capitale privato. In nome del rigore di bilancio e della riduzione della spesa pubblica, la sanità è stata danneggiata enormemente, con i tragici risultati che sono stati sotto gli occhi di tutti durante l’emergenza pandemica. Sempre in accordo con direttive UE, sono state attuate numerose riforme dell’istruzione pubblica con l’obiettivo di conformarla alle esigenze delle imprese capitalistiche secondo implacabili criteri di discriminazione di classe. Il piano Next Generation EU di questi ultimi anni è un perfetto esempio di come la UE difenda gli interessi e i profitti dei monopoli, mentre milioni di persone vivono in condizioni di povertà e vedono negati i propri diritti. Le politiche sulla transizione “green”, così come quelle sull’innovazione digitale e la politica agricola comune, sono concepite per favorire gli interessi e le ambizioni di profitto dei monopoli della produzione, della grande distribuzione e dell’energia, mentre schiacciano i lavoratori e i piccoli produttori. Oggi il capitalismo europeo, attraverso le politiche comunitarie dell’UE, frena e subordina alla sua logica di profitto anche le potenzialità offerte dal progresso tecnico e scientifico ma, così facendo, ostacola lo sviluppo delle forze produttive, aggravando la contraddizione tra queste e i rapporti di produzione capitalistici.
In tutta l’UE, che ha fatto dell’anticomunismo la propria ideologia ufficiale, è in atto un’involuzione autoritaria e reazionaria, tesa all’espulsione dalla scena politica della lotta di classe e dei partiti operai attraverso leggi elettorali antidemocratiche che impediscono di fatto l’esercizio del diritto di rappresentanza politica e attraverso leggi antisindacali che limitano il diritto di sciopero con l’intento di cancellarlo definitivamente. Per non parlare delle messe al bando dei partiti comunisti e operai attuate in alcuni paesi dell’UE, delle persecuzioni contro i loro quadri e i loro militanti, della repressione poliziesca e della persecuzione giudiziaria degli elementi più coscienti e avanzati delle lotte operaie e studentesche, del crescente controllo spionistico da parte dello Stato borghese sulla vita privata dei cittadini.
Pertanto, la valutazione di Lenin secondo cui “gli Stati Uniti d’Europa, sotto il capitalismo, sarebbero impossibili o reazionari” è oggi confermata dai fatti. Siamo, tuttavia, fortemente critici dinanzi all’ipotesi di una rottura con la UE promossa e portata avanti da settori della borghesia nazionale.
Ad oggi, il mercato comune europeo è il principale collante che tiene insieme la UE sulla base degli interessi comuni dei monopoli dei paesi membri che, tuttavia, restano pur sempre in competizione reciproca. La Brexit ha mostrato che i capitalisti in un determinato paese e in un dato momento storico possono ritenere che sia nei loro interessi agire diversamente. L’uscita del Regno Unito dalla UE ha confermato che questa prospettiva è del tutto possibile e realistica, ma ha anche dimostrato che, senza un cambio rivoluzionario della classe al potere, un’uscita di quel tipo non favorisce la classe operaia, ma rappresenta un semplice riposizionamento della borghesia nazionale all’interno degli esistenti sistemi di alleanze imperialiste. Nel caso della Brexit, l’allontanamento da Bruxelles per avvicinarsi a Washington non è certo stato un atto rivoluzionario, né ha migliorato la condizione della classe operaia britannica!
Nelle condizioni attuali di competizione imperialista e di polarizzazione in blocchi e alleanze tra potenze capitalistiche, non è da escludere l’emergere di nuove e più ampie contraddizioni anche internamente alla UE. Per questo, è essenziale che i comunisti chiariscano che non esiste una strada di rottura con la UE che, permanendo nell’ambito del capitalismo, sia favorevole alla classe operaia e ai popoli. La nostra lotta contro l’UE è dunque inseparabile dalla lotta rivoluzionaria per il rovesciamento del capitalismo, la presa del potere da parte della classe operaia e la costruzione del socialismo.
Compagni,
è per noi molto chiaro che l’Italia, nonostante alcune debolezze strutturali della sua economia, è uno dei paesi più importanti dell’Unione Europea. In particolare, l’obiettivo della borghesia italiana consiste precisamente nell’affermarsi come uno dei perni della direzione politica ed economica della UE. L’ideologia nazionalista e “sovranista” del governo del nostro paese oggi va precisamente in questa direzione. Ad esempio, la borghesia italiana attacca la Francia e critica il “neocolonialismo” francese perché il capitalismo francese, sia internamente all’UE che in contesti come quello africano e mediorientale, è tra i principali concorrenti del capitalismo italiano.
Se il “sovranismo” italiano all’interno dell’UE consiste nell’affermare con più forza gli interessi dei monopoli italiani nel determinare le politiche UE, al di fuori di essa il suo significato è stato esplicitato molto chiaramente negli slogan lanciati dal governo Meloni, secondo cui serve “più Italia nei Balcani”, o “un piano italiano per l’Africa”. Intanto, l’Italia è al comando operativo della missione “Eunavfor Aspides” nel Mar Rosso, mantiene il comando delle missioni NATO in Iraq e Kosovo e disloca la propria flotta nel Mediterraneo Orientale per difendere gli interessi di monopoli come ENI, che pochi mesi fa ha ottenuto dal governo di Israele una concessione illegittima per lo sfruttamento dei giacimenti di gas nelle acque della Striscia di Gaza.
Mentre il nostro governo proclama senza pudore le ambizioni imperialiste della borghesia italiana, sappiamo bene che la nostra lotta contro la UE non riguarda la questione della “sovranità” dello Stato borghese, ma il carattere strutturale della UE come alleanza interstatale del capitale in Europa. Alcuni elementi opportunisti in Europa, tra i quali qualcuno si definisce o si definiva in passato “comunista”, considerano l’Italia una “nazione oppressa”, una “colonia” e presentano la lotta per l’uscita dall’UE come una lotta per la “riconquista della sovranità”. Il Fronte Comunista denuncia da sempre queste teorie opportuniste, che sotto la finta bandiera di una presunta “lotta di liberazione nazionale” nascondono l’abbandono della lotta rivoluzionaria per il socialismo-comunismo, finendo di fatto per sostenere le ambizioni imperialiste della borghesia nazionale. Del resto, l’argomento dell’Italia “oppressa” è sempre stato utilizzato nel XX secolo per giustificare i piani imperialisti del capitalismo italiano.
Compagni,
tra pochi mesi ci saranno le elezioni del Parlamento Europeo. In Italia, le forze politiche borghesi hanno recentemente apportato modifiche alla legge elettorale per queste elezioni, che rendono ancora più difficile presentare le proprie liste ai partiti che non si trovano già all’interno del parlamento nazionale o in quello europeo.
Solo per questo e non per ragioni di astensionismo di principio, il Fronte Comunista non sarà in condizioni di partecipare a queste elezioni. Tuttavia, vogliamo fare i migliori auguri e ribadire tutto il nostro sostegno ai partiti fratelli che nei prossimi mesi affronteranno la battaglia elettorale per le elezioni europee. Siamo certi che i vostri sforzi, dimostrando l’esistenza di un progetto comunista in Europa, rafforzino la costruzione del partito comunista e la causa della rivoluzione proletaria anche in Italia.
La lotta per il socialismo-comunismo è la lotta del nostro tempo!
Viva l’internazionalismo proletario!
Viva l’Azione Comunista Europea!