Il 23 novembre il Fronte Comunista, unica organizzazione politica italiana presente, ha partecipato alla videoconferenza internazionale promossa dal Partito Comunista del Venezuela, dove i compagni hanno presentato un’analisi sulla situazione politica in Venezuela, a cinque mesi oramai dalle controverse elezioni presidenziali estive. In essa si approfondisce l’argomento delle misure antipopolari introdotte dal governo, la crisi politica post-elettorale e la difficile situazione di repressione dei comunisti. All’incontro erano presenti più di 100 delegati di partiti comunisti, organizzazioni giovanili comuniste e sindacati da tutto il mondo, che hanno, insieme al nostro Partito, espresso solidarietà militante ai comunisti e ai lavoratori venezuelani, vittime della repressione poliziesca e di persecuzioni giudiziarie da parte del regime socialdemocratico di Maduro.
Qui di seguito l’intervento del compagno Oscar Figuera, Segretario generale del Comitato Centrale del PCV.
Cari compagni, buongiorno.
A nome dell’Ufficio Politico del Comitato Centrale del Partito Comunista del Venezuela (PCV) e della Gioventù Comunista del Venezuela (JCV), desideriamo inviare un saluto fraterno ai partiti comunisti e operai, alle organizzazioni sindacali e alle singole persone che sono con noi oggi in questa videoconferenza internazionale per presentare la nostra analisi della crisi socio-politica che il Venezuela sta attraversando e che si è aggravata dopo le elezioni presidenziali dello scorso 28 luglio.
Prima di iniziare la nostra analisi, vogliamo inviare un particolare saluto di solidarietà al Partito Comunista Palestinese, al Partito Comunista Libanese e al Partito Comunista Siriano, che sono qui con noi oggi. Rappresentano i popoli che in questo momento sono sottoposti a un attacco brutale e genocida da parte del sionismo e delle potenze imperialiste. Da parte del PCV ribadiamo la nostra incondizionata solidarietà con la causa dei popoli di Palestina, Libano e Siria, con i loro partiti comunisti e operai e con la resistenza araba. Siamo fiduciosi che il popolo palestinese e la resistenza araba saranno vittoriosi!
Sul tema che ci occupa oggi, ci sono alcune considerazioni precedenti che è più che necessario sottolineare:
1) Sulla scena internazionale, il Venezuela viene presentato dalla propaganda governativa come un bastione antimperialista. Questa narrazione è alimentata dalle ricorrenti dichiarazioni dei principali esponenti del governo venezuelano contro gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Tuttavia, un’attenta analisi del cambiamento della politica economica dell’attuale governo a vantaggio dei monopoli capitalistici stranieri, e principalmente delle compagnie petrolifere occidentali, metterebbe in dubbio questa manipolazione discorsiva, utilizzata per coprire la deriva antioperaia e antipopolare del governo di Nicolás Mauro.
2) In Venezuela, lungi dall’avanzare verso il superamento del modo di produzione capitalista e dall’aprire la prospettiva a un progetto socialista, ci troviamo di fronte all’aggravarsi della crisi del capitalismo dipendente venezuelano e del suo particolare modello di accumulazione da rendita. Per far fronte a questa crisi sistemica, aggravata dalle criminali misure coercitive unilaterali, il governo del presidente Nicolás Maduro Moros e la leadership del PSUV (Partito Socialista Unito del Venezuela) hanno imposto un programma neoliberista. Ne è prova il divario tra salari e profitti: nel 2014, di tutto ciò che veniva prodotto nel Paese, il 36% andava ai salariati e il 31% ai datori di lavoro. Nel 2017, solo il 18% è stato distribuito tra i lavoratori, mentre la borghesia si è appropriata del 50%. Questi dati preludono a una politica consolidata durante il secondo mandato di Maduro (2018-2024), il cui pilastro fondamentale è la riduzione al minimo del valore della forza lavoro.
3) La contesa per il potere in Venezuela si sta sviluppando nel quadro degli scontri inter-imperialisti presenti all’interno del sistema capitalistico mondiale, con una correlazione interna di forze che mette di fronte due frazioni del capitale: da un lato, quella che attualmente controlla l’apparato statale guidato dal governo e dal PSUV, che si identifica come “borghesia rivoluzionaria”, e dall’altro la tradizionale borghesia oligarchica venezuelana, entrambe associate ai capitali transnazionali e locali. Dal PCV promuoviamo, insieme ad altri settori del campo popolare e autenticamente democratico, insieme alle correnti sindacali di classe, la costruzione di un’alternativa a questi due blocchi borghesi responsabili della profonda crisi nazionale.
1. Situazione della classe operaia venezuelana
Il mandato di Nicolás Maduro è stato caratterizzato dall’imposizione di una politica di aggiustamento economico al servizio del capitale, uno dei cui assi fondamentali è il ridisegno dei rapporti di lavoro nel Paese, con l’obiettivo di creare un paradiso per gli investimenti privati e preservare i profitti del capitale, a costo del sacrificio della classe operaia e dei settori popolari, che sopportano le conseguenze della crisi socio-economica, aggravata dalle misure coercitive unilaterali dell’imperialismo contro il Paese.
In questo senso, negli ultimi sei anni è stato applicato un programma governativo di restrizione dei diritti sociali, economici, politici e lavorativi del popolo lavoratore venezuelano, in aperta violazione della Costituzione, basato sulla distruzione dei salari e dei benefici sociali; sull’eliminazione dei contratti collettivi di lavoro; sull’estrema riduzione del costo dei licenziamenti e, in generale, sullo smantellamento dei diritti e delle conquiste della classe operaia, accompagnato da un crescente autoritarismo. Infine, i principi costituzionali di progressività, intangibilità e irrinunciabilità dei diritti dei lavoratori sono stati abrogati di fatto, così come si è introdotta la limitazione dei diritti politici e sindacali e dell’esercizio del giusto processo.
Il governo del presidente Maduro maschera la sua politica di distruzione del reddito della classe lavoratrice attraverso farse come il cosiddetto “Reddito Minimo Integrale”: un meccanismo che sostituisce il salario con pagamenti di bonus senza alcun impatto su indennità di licenziamento, ferie, previdenza sociale e altri aspetti stabiliti dalla legislazione e dai contratti collettivi di lavoro.
Per mascherare la sua politica antioperaia, il governo si avvale di federazioni sindacali senza una base di classe e sotto il suo controllo, che negoziano “accordi” fraudolenti con i datori di lavoro pubblici, concordati senza tenere assemblee o consultazioni con i lavoratori. Questa pratica ha interessato settori chiave come il petrolio e i lavoratori dell’istruzione.
Le conseguenze di questo pacchetto neoliberista sono state particolarmente drammatiche per i pensionati e i congedati del settore pubblico, che ricevono pagamenti calcolati su uno stipendio inferiore a tre dollari al mese e che devono affrontare anche lo smantellamento della sicurezza sociale.
Le violazioni dei diritti del lavoro sono strettamente accompagnate dalle violazioni della libertà di associazione: le ostruzioni amministrative e gli impedimenti alla registrazione dei sindacati e al riconoscimento delle elezioni sindacali sono meccanismi utilizzati per neutralizzare il sindacalismo di classe, impedire la discussione dei contratti collettivi di lavoro e la presentazione di petizioni a carattere conciliatorio o conflittuale.
Una delle pratiche più aberranti di violazione della libera affiliazione sindacale è che in molti casi l’affiliazione alla Centrale dei Lavoratori Socialisti Bolivariani del Venezuela, uno strumento di collaborazione di classe creato dal PSUV, utilizzato per l’imposizione di politiche a favore del capitale e delle mafie burocratiche dello Stato, è una condizione per la registrazione legale dei sindacati di base.
I lavoratori che si oppongono alle riforme antioperaie e antipopolari vengono criminalizzati e perseguiti. Centinaia di lavoratori innocenti, compresi i leader sindacali, sono finiti in carcere con processi truccati, senza alcun rispetto per il giusto processo e i diritti dei lavoratori, nella maggior parte dei casi con le seguenti accuse: incitamento all’odio, associazione a delinquere, boicottaggio e terrorismo. Inoltre, il governo utilizza le sanzioni imperialiste e la sua disputa contro i partiti dell’altro polo borghese per criminalizzare le lotte dei lavoratori per ottenere salari dignitosi. È diventato abituale per i vertici del governo lanciare false accuse contro i lavoratori in lotta, per cercare di collegare le loro legittime proteste con presunti piani destabilizzanti diretti e finanziati dall’“imperialismo”. Così, sotto una falsa maschera “antimperialista”, la borghesia al potere copre la feroce repressione contro la classe operaia e la limitazione delle sue libertà sindacali e democratiche, al fine di preservare e approfondire l’attuale regime di supersfruttamento della forza lavoro in Venezuela.
Più recentemente, il governo del PSUV ha introdotto nell’Assemblea Nazionale un progetto di legge che dichiara la caratterizzazione di classe ─ un attributo storico del movimento sindacale autonomo e rivoluzionario ─ come una caratteristica del fascismo. Con iniziative di questo tipo, il governo Maduro cerca di intimidire la classe operaia per servire efficacemente la classe borghese, i monopoli imperialisti e affinché non ci sia resistenza al suo programma neoliberale.
Il governo non solo usa le sanzioni imperialiste per intensificare la persecuzione contro la classe operaia, ma questo è anche il suo pretesto preferito per giustificare le riforme antipopolari. Certamente le sanzioni criminali straniere hanno un impatto negativo sull’economia, intensificando la gravità della crisi capitalistica venezuelana. Ma queste sanzioni non sono la causa della crisi, come il governo venezuelano sottolinea ripetutamente per giustificare la sua deriva neoliberista e autoritaria. Il PCV non solo condanna le sanzioni e l’ingerenza imperialista, ma ritiene che questa strategia delle forze della destra tradizionale non faccia altro che aumentare le sofferenze del popolo lavoratore, su cui ricadono tutte le conseguenze della crisi e gli effetti di queste sanzioni. Per questo motivo chiediamo non solo la revoca immediata di queste misure, ma anche la punizione delle forze politiche all’interno del Paese che promuovono ulteriori sanzioni e attacchi stranieri contro il Paese.
2. La XVI Conferenza nazionale del PCV e le elezioni presidenziali
Questo programma economico è stato accompagnato da una condotta politica sempre più autoritaria: come ben sapete, il PCV è stato sottoposto a intervento giudiziario nel 2023 e gli è stato tolta la possibilità di presentarsi alle elezioni. In precedenza, erano intervenuti per via giudiziaria o amministrativa, per imporre leadership ad hoc, subordinate al governo-PSUV, ad altre organizzazioni della sinistra che assumevano posizioni critiche nei confronti del governo, come nel caso della UPV, del MEP, di PPT e di Tupamaro.
Dopo un’analisi politica condotta in tre fasi e durata otto mesi, la XVI Conferenza nazionale del PCV ha concluso che la deriva autoritaria della leadership del governo-PSUV, la distruzione delle condizioni di vita del popolo venezuelano, lo smantellamento dello Stato di diritto, la violazione sistematica dei diritti umani, la persecuzione dei lavoratori e delle lotte popolari ─ e in generale della politica ─ hanno configurato una nuova situazione in cui il recupero dei diritti democratici garantiti dalla Costituzione diventa un compito di primo ordine.
Con la messa al bando de facto del PCV, il governo-PSUV si è proposto di bloccare l’avanzata di un’alternativa che potesse raggruppare le forze popolari e rivoluzionarie che si confrontano con la sua amministrazione antioperaia e antipopolare. In questo modo, anche la conquista delle condizioni politiche per lo sviluppo delle lotte è diventata uno degli obiettivi dei comunisti in questa nuova situazione, per cui abbiamo deciso di partecipare alle elezioni presidenziali.
In questo senso, il PCV ha proposto di formare un’alternativa organizzata e combattiva, che affronti e lotti contro l’indegnità e l’immoralità delle élite corrotte e autocratiche che attualmente detengono il potere e, allo stesso tempo, si confronti con il polo della borghesia tradizionale. A tal fine, il nostro partito ─ insieme alle organizzazioni del movimento popolare ─ ha lavorato a una candidatura che permettesse di: 1) avanzare una proposta programmatica ampia e unitaria, che avesse come centralità la difesa della Costituzione e dei diritti dei lavoratori; 2) affrontare l’azione politica dei mercenari che, usurpando la nostra sigla, hanno registrato la candidatura di Nicolás Maduro e 3) difendere il PCV legittimo e la sua leadership nazionale eletta nel 16° Congresso tenutosi nell’ottobre 2022. Tuttavia, il carattere altamente controllato e ristretto del processo elettorale ha impedito la registrazione della candidatura, in modo tale che la classe operaia e la sinistra rivoluzionaria non hanno avuto la possibilità di presentare la propria candidatura.
Infine, in vista della decisione di partecipare alle elezioni presidenziali, la XVI Conferenza Nazionale ha convenuto sulla necessità di costruire un accordo politico-elettorale con settori politici al di fuori della sinistra, per evitare l’isolamento del partito e sconfiggere le pretese del governo-PSUV di instaurare una tirannia mascherata da falsa democrazia. Tale accordo dovrebbe basarsi su un programma minimo che abbia al centro la restituzione dei diritti politici e sociali sottratti dalla leadership governativa.
Il PCV non ha perso di vista il fatto che il semplice cambio di governo non porterà automaticamente a una politica favorevole alle aspirazioni del popolo lavoratore. Tuttavia, per la Conferenza Nazionale, avanzare nella costruzione di un’opzione sociale e politica alternativa ai due blocchi borghesi responsabili della catastrofe nazionale, è un obiettivo che dovremmo promuovere anche nel processo elettorale presidenziale, poiché sarebbe un passo importante nella lotta per il recupero dei diritti violati. È stato quindi lanciato un appello alla partecipazione massiccia del popolo venezuelano per rompere la polarizzazione imposta e sconfiggere lo schema autoritario, arbitrario ed escludente forgiato dal Governo-PSUV e dai suoi complici.
3. Elezioni e crisi politica
Le elezioni presidenziali del 28 luglio, invece di creare uno scenario per superare la crisi socio-politica, l’hanno esacerbata e peggiorata. Al termine del processo di voto, il presidente del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) ha presentato al Paese un primo bollettino dei risultati carico di incongruenze giuridiche e matematiche, che ha messo in allarme l’intera popolazione sulla possibilità di una frode elettorale.
Il bollettino presentato dal CNE non proveniva dalla Sala di Conteggio dei Voti, e questo è stato il primo elemento che ha messo in dubbio i risultati presentati. In secondo luogo, il Presidente del CNE ha assicurato che questo bollettino esprimeva una “tendenza irreversibile” quando la differenza di voti tra il primo e il secondo candidato era di soli 704.114 voti, con più di 2,5 milioni di voti ancora da contare.
Il giorno successivo, lunedì 29 luglio, i dubbi sulla trasparenza del processo sono aumentati per il fatto che il CNE, invece di rendere pubblico il secondo bollettino elettorale, con il voto disaggregato per centro elettorale e seggi ─ come stabilito dalla legge elettorale e come è consuetudine in tutti i processi elettorali in Venezuela ─, procede frettolosamente a proclamare la vittoria del candidato Nicolás Maduro.
In Venezuela il voto è elettronico. Alla fine della giornata, le macchine stampano un registro dei voti in ogni seggio elettorale, che viene firmato da funzionari del CNE e da testimoni dei partiti politici. Copie di queste ricevute vengono consegnate ai testimoni elettorali di ogni partito politico che partecipa alla competizione. In questo modo si garantisce che le informazioni trattate dal CNE e da ogni organizzazione politica siano le stesse, garantendo la trasparenza del processo.
Il quartier generale della campagna del candidato Edmundo Gonzalez Urrutia ha reso pubblici i risultati del 70% delle registrazioni elettorali sistematizzate dai suoi testimoni negli oltre 30mila centri elettorali allestiti nel Paese. In questi risultati, ha un notevole vantaggio elettorale su Maduro.
Senza avventurarsi a dare per certi i risultati presentati dalla principale forza di opposizione del Paese ─ sebbene coincidano con il forte rifiuto che il popolo venezuelano manifesta contro l’amministrazione antioperaia e antipopolare di Nicolás Maduro ─, la verità è che la mancata presentazione delle ricevute e dei dati, disaggregati per seggi e centri di voto, entro 72 ore dal primo annuncio, è un evento senza precedenti nella storia dei processi elettorali degli ultimi 25 anni in Venezuela.
Il fatto che finora il PSUV non abbia presentato pubblicamente copie dei verbali dei suoi testimoni, accentua la mancanza di fiducia nei risultati presentati dal CNE. Va ricordato che esiste già un precedente nelle elezioni presidenziali del 2013, quando l’opposizione denunciò brogli e il PSUV, per fugare i dubbi, pubblicò sul suo sito web i verbali in suo possesso per confermare il suo trionfo.
4. Escalation repressiva contro i settori popolari
A quasi quattro mesi dalle elezioni, è indiscutibile ciò che si è percepito nelle prime 48 ore dopo le elezioni nelle strade del Paese: Nicolás Maduro ha perso le elezioni ed è in atto una cospirazione istituzionale per ignorare e troncare la volontà popolare espressa alle urne.
Il 29 e 30 luglio si è scatenata una brutale repressione contro le proteste popolari ─ per lo più pacifiche ─ che rifiutavano i risultati presentati dal CNE. Lo stesso presidente Maduro ha riferito di oltre 2 mila detenuti che ha presentato come “terroristi”. In quei giorni sono state uccise anche 27 persone, che il governo presenta come militanti del PSUV. Ma la verità è che la grande maggioranza dei detenuti sono giovani e lavoratori – compresi i minorenni – provenienti da quartieri popolari; mentre dati non ufficiali ma affidabili hanno documentato che numerosi omicidi sono avvenuti per mano delle forze repressive dello Stato o di gruppi para-polizieschi.
Le azioni isolate di gruppi che hanno compiuto atti di vandalismo sono state presentate come giustificazione per gli arresti di massa e le sconsiderate accuse di “terrorismo” contro tutti gli arrestati, comprese persone che non erano nemmeno presenti alle manifestazioni. I parenti degli adolescenti imprigionati hanno denunciato che questi minori sono stati torturati e sottoposti a trattamenti crudeli col fine di ottenere auto-incriminazioni.
Il governo Maduro ha anche scatenato un’escalation di incursioni e arresti senza mandato in numerosi quartieri popolari. Inoltre, il PSUV ha ordinato alle sue strutture di base di fare delazioni sui vicini che avevano manifestato. Dall’alto è stata lanciata una campagna di propaganda per presentare il diritto di protestare come un crimine: addirittura è stato lanciato l’uso di una app per smartphone per denunciare i manifestanti.
Allo stesso tempo, nei luoghi di lavoro, soprattutto nelle istituzioni e nelle aziende statali, si è verificata una recrudescenza di molestie e minacce sul lavoro. La caccia alle streghe ha comportato centinaia di licenziamenti e di dimissioni per motivi politici in settori come la sanità, l’energia, i trasporti, le telecomunicazioni, nonché negli uffici dei governatori e dei sindaci.
Nei centri di lavoro del settore pubblico è stato stabilito un divieto di fatto per i lavoratori di identificarsi con opzioni politiche diverse dal governo e ancor più di essere membri di organizzazioni politiche contrarie al PSUV. È il caso della montatura fraudolenta commessa contro il nostro Segretario delle Relazioni Internazionali, il compagno Héctor Alejo Rodríguez, lavoratore del Ministero del Petrolio: è stato preparato un dossier contro di lui con la grave e temeraria accusa di “terrorismo”, senza alcuna prova, attivando una procedura non solo per licenziarlo, ma anche per aprire un processo penale contro di lui.
5. Situazione politica e tattica del PCV
Il Governo nazionale e tutti i Poteri Pubblici sotto il suo controllo hanno portato all’estremo le violazioni della Costituzione, fino a rendere inefficaci i principi guida della Repubblica, così come i diritti alla protesta pacifica, all’assemblea pubblica, all’associazione, alla libera partecipazione alla vita pubblica, alla libertà di espressione e al diritto all’informazione veritiera, al giusto processo, al lavoro, al salario di sussistenza, alla sicurezza sociale e alla libertà di affiliazione sindacale. In breve, con i fatti, hanno sospeso le garanzie costituzionali.
Di fronte a questa realtà concreta, il movimento operaio e popolare venezuelano ha la necessità di sconfiggere il consolidamento di questa forma di gestione autoritaria al servizio del capitale, indipendentemente dal partito politico che la incarna.
Indubbiamente, il consolidamento del governo del PSUV attraverso una frode elettorale contribuirà solo a rendere la sua amministrazione più dispotica; la classe operaia è l’unica a perdere di fronte a questa realtà. Già in passato, con l’esperienza del cosiddetto “governo provvisorio” di Juan Guaido, abbiamo visto come la borghesia e i suoi partiti si siano stretti la mano e abbiano raggiunto accordi in base ai loro interessi. Lo stesso sta accadendo ora: il governo di Nicolás Maduro negozia e si accorda con gli imprenditori e i capitali transnazionali per cercare di recuperare la legittimità perduta tra il popolo, quindi sviluppa un’offensiva internazionale per posizionarsi falsamente come avanguardia mondiale antifascista e antimperialista, mentre approfondisce le sue caratteristiche autoritarie, le sue alleanze con il capitale e il carattere neoliberale delle sue politiche, entrando in una fase aperta di svendita e privatizzazione dei beni della nazione.
Il PCV difende la legittima richiesta del popolo venezuelano che il Consiglio Nazionale Elettorale pubblichi i risultati suddivisi per seggi e centri di voto e, se necessario, un riconteggio pubblico dei voti depositati nelle urne, come è già stato fatto in altre occasioni. Con questa posizione, non difendiamo gli interessi di nessun candidato, ma il recupero delle libertà democratiche del Paese; una condizione minima perché la classe operaia possa organizzarsi e lottare contro i suoi nemici di classe.
Il PCV non appoggia nessuno dei poli borghesi in lotta. Abbiamo un’azione politica indipendente, coerente con gli interessi e le necessità della classe operaia venezuelana in questo momento. Questa politica consiste nel contribuire alla consapevolezza e all’organizzazione dei lavoratori sulla necessità di costruire la propria forza contro i due blocchi egemonici della borghesia.
In questa direzione, abbiamo compiuto passi importanti a partire dalla costituzione dell’Alternativa Popolare Rivoluzionaria nel 2020; poi l’Incontro Nazionale per la Difesa dei Diritti del Popolo nel 2023 e ora attraverso il Fronte Democratico Popolare; una risposta di organizzazioni autenticamente democratiche e popolari all’attuale crisi di rappresentanza politica che il Paese sta attraversando, il cui obiettivo fondamentale è la restituzione dei diritti sanciti dalla Costituzione e il recupero dello Stato di diritto.
Come potete vedere, la lotta per le libertà democratiche tenderà a intensificarsi nei prossimi mesi e con essa i rischi di una maggiore repressione e persecuzione contro la classe operaia, i settori popolari e il PCV. Inoltre, il governo mantiene una sofisticata campagna di manipolazione nazionale e internazionale per presentare la sua deriva antioperaia, antipopolare e autoritaria come una crociata contro l’imperialismo e il fascismo. Tuttavia, un’attenta analisi dello sviluppo della lotta di classe nel Paese, smentisce questa farsa: non c’è antimperialismo senza una lotta determinata contro il giogo del capitale. Negare questo non è altro che opportunismo e il risultato è questo tipo di amministrazioni governative che cercano di “rendere più umana la barbarie capitalista”.
Il governo di Nicolas Maduro non mostra alcuna intenzione di ristabilire le libertà e i diritti democratici sequestrati. I settori borghesi e militari più radicalizzati, che hanno il controllo delle principali imprese economiche del Paese, impongono la loro volontà di rimanere al potere politico a qualsiasi costo, e a tal fine intensificano le azioni di persecuzione, repressione e incarcerazione contro ogni forma di opposizione.
All’altro estremo, le forze politiche della destra tradizionale scommettono ancora una volta sull’agenda delle interferenze, delle pressioni e delle sanzioni internazionali come strategia per sconfiggere il governo autoritario. La recente vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi potrebbe favorire l’inasprimento del confronto tra questi due poli borghesi, con conseguenze devastanti per i lavoratori venezuelani.
I monopoli sono gli unici vincitori di questo conflitto: approfittano della disperazione del governo Maduro in cerca di legittimità, per ottenere migliori condizioni per i loro investimenti, una partecipazione vantaggiosa ai processi di privatizzazione dei beni pubblici, ecc. oppure sfruttano le richieste dei settori dell’opposizione di destra per giustificare la politica di ingerenza e di maggiori sanzioni, che potrebbe portare a un futuro sfruttamento della ricchezza venezuelana a condizioni più vantaggiose.
Questo è il complesso scenario che attende il popolo lavoratore venezuelano dopo il 10 gennaio 2025, quando Nicolas Maduro probabilmente metterà in piedi la messinscena del suo giuramento, senza presentare alcuna prova della sua presunta vittoria.
Come in altre occasioni, con questa esposizione non proponiamo una solidarietà incondizionata con la classe operaia venezuelana, né con il Partito Comunista del Venezuela, né con la nostra politica, ma piuttosto la necessità di approfondire l’analisi oggettiva della realtà esistente nel nostro Paese, attraverso fonti diverse da quelle offerte da chi è al potere.
Cari compagni, vi ringraziamo per la vostra partecipazione a questa videoconferenza e per il vostro interesse a conoscere la posizione del PCV sul complesso sviluppo della lotta politica in Venezuela. Come potete capire, non è obiettivo analizzare la lotta di classe in Venezuela a partire dalla falsa polarizzazione politica tra il governo e la cosiddetta opposizione di destra, senza tenere conto del carattere e degli interessi di classe delle forze che si contendono il potere politico. Fare questo significa lasciare da parte gli interessi della classe operaia venezuelana, così come la sua legittima e necessaria aspirazione a diventare una forza politica indipendente contro i due poli politici della borghesia e dello Stato capitalista.
Questo genera anche un precedente molto negativo nel movimento operaio internazionale, la giustificazione dei governi di settori della borghesia al potere che distruggono i diritti dei lavoratori, e il pericoloso silenzio di fronte alla repressione, alla criminalizzazione e alla giudiziarizzazione della classe operaia, delle sue lotte e dei suoi partiti politici, che impedisce il necessario esercizio dell’internazionalismo proletario.
Grazie per la vostra attenzione. Un grande saluto a tutti.
Caracas, 23 novembre 2024