Il 2 dicembre a Bruxelles si è svolto l’Incontro dei Partiti Comunisti e Operai Europei sul tema “L’UE delle guerre imperialiste, dello sfruttamento capitalistico e dell’anticomunismo e l’attualità dell’opera di Lenin Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa”, a cui hanno partecipato 19 Partiti Comunisti e Operai di 18 paesi europei differenti. La riunione si è aperta con l’introduzione Segretario Generale del CC del Partito Comunista di Grecia (KKE) Dimitris Koutsoumpas, disponibile in inglese qui, e si è chiusa con l’intervento di Lefteris Nikolaou – Alavanos, eurodeputato del KKE. L’incontro ha subito anche il tentativo di impedimento al suo svolgimento da parte della destra europea: secondo la dichiarazione rilasciata dagli eurodeputati del KKE, “l’evento si è svolto nonostante il tentativo provocatorio e riprovevole di alcuni eurodeputati di estrema destra dei cosiddetti ‘Patrioti per l’Europa’ (Le Pen – Orbán) e ‘Conservatori – Riformisti Europei’ (Meloni ecc.), che in una lettera al Presidente del Parlamento Europeo Metsola, hanno chiesto di vietare l’evento organizzato dagli eurodeputati del KKE.
Gli eurodeputati di estrema destra hanno utilizzato la teoria antistorica e reazionaria dei due estremi e l’equiparazione del mostro fascista al comunismo, in un inaccettabile e pericoloso tentativo anticomunista di abolire la libertà di parola e di espressione, anche per gli eurodeputati eletti, che ricorda le epoche buie condannate dai popoli.
La provocazione di vietare l’evento dei Partiti Comunisti, che va contro le libertà democratiche e i diritti dei popoli europei, è fallita, il tentativo anticomunista è stato sventato.”
Qui di seguito il contributo all’Incontro del Fronte Comunista (Italia). Buona lettura.
Cari compagni,
innanzitutto, a nome dell’Ufficio Politico del Comitato Centrale e di tutti i militanti del Fronte Comunista d’Italia, salutiamo tutti i Partiti partecipanti e ringraziamo ancora una volta il Partito Comunista di Grecia per aver organizzato questo Incontro dei Partiti Comunisti e Operai Europei, finalmente ripreso dopo la sua sospensione a causa della pandemia.
L’UE non è un’unione politica, ma solo un’unione interstatale imperialista di tipo doganale-finanziario-monetario. Gli aspetti politici vengono sviluppati dalle istituzioni europee solo se sono rilevanti per migliorare la funzionalità del mercato comune, la libera circolazione dei capitali e la stabilità della moneta comune. Ciò è dovuto al fatto che l’economia capitalista è ancora basata sugli Stati nazionali, come dimostra, ad esempio, il confronto dei dati sul valore aggiunto e sui profitti prodotti dalle società madri e dalle loro controllate e affiliate estere, escludendo l’impatto dell’internal trading. Poiché la difesa degli interessi del capitale nazionale è ancora affidata allo Stato nazionale, la concorrenza di mercato tra entità economiche e monopoli si traduce in una concorrenza tra Stati all’interno delle unioni e alleanze imperialiste stesse.
Questo fattore di instabilità interna mostra la natura contraddittoria delle alleanze imperialiste, i cui membri sono alleati e concorrenti allo stesso tempo, e conferma l’affermazione di Lenin sulla natura temporanea di qualsiasi alleanza o trattato interstatale in condizioni di capitalismo, quindi sulla loro impossibilità a lungo termine. La concorrenza generalizzata, la proprietà privata e l’anarchia della produzione che caratterizzano il capitalismo generano conflitti e tendenze centrifughe, mascherate da pretesti nazionalisti o addirittura regionalisti, all’interno di qualsiasi unione, alleanza o blocco imperialista, così come all’interno dei singoli Paesi con un sistema federale. Oggi, in genere, queste tendenze hanno un carattere reazionario in quanto sono l’iniziativa di settori della borghesia capitalista, come è accaduto nell’UE, ad esempio, con la Brexit o con il tentativo di secessione in Catalogna.
Sempre nell’articolo di Lenin “Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa”, oltre all’impossibilità di unioni durature tra Stati capitalisti, si sottolinea il loro carattere reazionario. La funzione di tali unioni interstatali è duplice.
Da un lato hanno lo scopo di “organizzare una reazione per ritardare lo sviluppo più rapido” dei loro concorrenti internazionali, come scrisse Lenin. Il confronto tra il blocco euro-atlantico guidato dagli Stati Uniti e i BRICS per la leadership nel mondo capitalista è una manifestazione evidente della natura di queste alleanze imperialiste, formate non per soddisfare i bisogni dei loro popoli, ma per massimizzare i profitti delle loro oligarchie finanziarie ostacolando lo sviluppo di altri Paesi e blocchi.
D’altra parte, nell’era della rivoluzione proletaria, la funzione politica dell’UE come alleanza interstatale di capitalisti è finalizzata a “schiacciare tutti insieme il socialismo in Europa”, secondo le parole di Lenin. Gli Stati borghesi, espressione politica dei monopoli capitalistici nazionali, in competizione tra loro, trovano la loro unità non solo nello scontro con altri blocchi imperialisti, ma soprattutto nel conflitto di classe con il proletariato e la sua avanguardia, i Partiti Comunisti e Operai. La messa fuori legge dei Partiti Comunisti, il divieto di simboli, ideologia e attività comuniste sono applicati in diversi Paesi dell’UE. In generale, la repressione poliziesca e la persecuzione giudiziaria dei comunisti e degli attivisti sindacali sono in aumento in tutta l’UE, attraverso l’adozione di leggi che criminalizzano la lotta di classe, il malcontento sociale e il dissenso politico, limitano il diritto di sciopero e gli altri diritti dei lavoratori. La falsificazione della storia, la denigrazione dell’Unione Sovietica e dei comunisti, in sintonia con l’infame risoluzione del Parlamento Europeo che equipara Comunismo e Nazismo, sono diventate l’ideologia ufficiale a sostegno delle politiche reazionarie antioperaie dell’UE.
In tutta l’UE l’autoritarismo, la limitazione delle libertà sociali e politiche e la repressione sono in aumento per promuovere politiche che favoriscono il capitale a scapito del lavoro salariato. Cosa ha ricevuto il proletariato dall’UE dei monopoli? Riduzione dei salari reali, degli stipendi e delle pensioni, rispetto ai quali l’Italia si distingue come il peggior Paese d’Europa e dell’OCSE, innalzamento dell’età pensionabile, la possibilità di estendere l’orario di lavoro da 40 a 48 ore settimanali stabilita da una direttiva comunitaria, disoccupazione, precarietà del lavoro, tagli alla spesa pubblica per la sanità, l’istruzione, la casa e altri servizi pubblici essenziali, privatizzati e oggi forniti solo a pagamento, ecc.. Le condizioni di vita e di lavoro della classe operaia e dei proletari stanno drammaticamente peggiorando e lo sfruttamento capitalistico sta aumentando in vari modi, trovando la sua base legale nelle direttive e nei regolamenti anti-operaie dell’UE.
Nonostante l’alto prezzo che il proletariato dei Paesi dell’UE ha finora pagato per la stabilità della moneta e la competitività dei monopoli europei, cioè per i profitti dell’oligarchia finanziaria europea, le politiche antipopolari di austerità dell’UE e della BCE, il rigore di bilancio e la lotta all’inflazione si stanno dimostrando incapaci di far uscire l’economia europea dalla crisi di sovra-accumulazione assoluta di capitale in cui si dibatte da decenni.
La guerra imperialista in Ucraina, in cui l’UE è fortemente impegnata a fianco degli Stati Uniti e della NATO nel sostenere il regime fascista di Zelensky contro la Russia capitalista, rappresenta il tentativo del capitale di trovare una via d’uscita da questa crisi di sovraccumulazione attraverso la distruzione di una parte di sé stesso. Il sostegno militare ed economico al regime fantoccio di Kiev distoglie enormi risorse dal soddisfacimento dei bisogni essenziali delle masse popolari europee e serve solo a prolungare cinicamente una guerra persa al costo di ulteriori vite umane. Il costo della guerra e l’effetto disastroso delle sanzioni anti-russe che, come un boomerang, danneggiano l’economia europea più di quella russa, contribuiscono a peggiorare la vita delle masse popolari europee. Allo stato attuale, l’unico ad aver tratto vantaggio dal coinvolgimento dell’UE in questo conflitto è il grande capitale statunitense, che è riuscito a indebolire economicamente il suo alleato-concorrente, l’UE, e a ottenere enormi profitti sia accedendo al mercato europeo del petrolio e del gas, sia vendendo armi per rifornire gli arsenali militari europei, svuotati per sostenere il regime ucraino. I costi della guerra imperialista e delle politiche guerrafondaie dell’UE sono pagati dai proletari e dagli strati popolari attraverso l’aumento dei prezzi dell’energia elettrica, del gas naturale e di tutti i beni di prima necessità e di largo consumo, come conseguenza della speculazione di mercato e dell’economia di guerra in cui siamo stati trascinati.
È importante capire che la posta in gioco in questa guerra non è solo il controllo del mercato e delle risorse umane e materiali dell’Ucraina, ma l’equilibrio e l’assetto strategico mondiale. O sopravvive il vecchio assetto mondiale imperialista in declino, dominato dal blocco euro-atlantico guidato dagli Stati Uniti e dal dollaro, o prevarrà un nuovo assetto mondiale imperialista emergente, in cui altre potenze, economicamente più dinamiche, ricopriranno un ruolo egemonico. Lo slogan del “multipolarismo”, avanzato da Cina, Russia e BRICS, nasconde la rivendicazione di una nuova spartizione del mondo e la creazione di nuove sfere di influenza. Tutti i conflitti e le guerre in corso oggi, dall’Ucraina al Medio Oriente, dall’Africa all’area indo-pacifica, possono essere ricondotti a questa lotta tra le grandi potenze e i loro alleati per la supremazia nel mondo capitalista. Il “multipolarismo” sotto il capitalismo è ben lungi dall’essere un fattore di pace e giustizia. Come spiegava Lenin, in condizioni di proprietà privata dei mezzi di produzione e di anarchia della produzione, qualsiasi divisione della ricchezza può avvenire solo “con la forza”.
“La guerra non è in contraddizione con le basi della proprietà privata, ma è il risultato diretto e inevitabile dello sviluppo di queste basi. In regime capitalistico non è possibile un ritmo uniforme dello sviluppo economico né delle singole economie, né dei singoli Stati. In regime capitalistico non sono possibili altri mezzi per ristabilire di volta in volta l’equilibrio spezzato, che la crisi nell’industria e la guerra nella politica.” (V.I. Lenin, “Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa”, Opere complete, vol. 26, p. 353, ed. Politicheskaya Literatura, Mosca)
L’allineamento dell’UE alle posizioni statunitensi, anche a discapito dei suoi interessi immediati, non può essere spiegato solo con l’inettitudine di questa leadership europea, la peggiore di sempre, né con la teoria sovranista dell’Europa come colonia americana. Innanzitutto, non dobbiamo mai dimenticare che gli interessi dell’UE non sono quelli dei proletari e dei popoli europei, ma quelli dei settori dominanti del capitalismo finanziario europeo. L’economia dell’Europa occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale si è sviluppata grazie a potenti iniezioni di capitali e investimenti statunitensi, a partire dal Piano Marshall. L’idea di unificare il mercato europeo è stata concepita e finanziata dagli Stati Uniti nell’ambito dell’European Recovery Program e del suo organismo tecnico, l’Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea, al fine di creare uno sbocco commerciale per la sua industria sovradimensionata, spingendo la domanda estera per evitare una crisi di sovrapproduzione. L’imperialismo statunitense è il padre naturale delle prime istituzioni di integrazione europea. Ciò ha dato origine a legami oggettivi di dipendenza e interdipendenza tra il capitale statunitense e quello europeo, molto più significativi ed estesi di quelli esistenti tra l’UE e il capitale russo. In sostanza, i settori dominanti del capitalismo europeo sostengono la politica estera americana perché agli Stati Uniti è stato storicamente affidato il compito di difensore collettivo del capitalismo occidentale e un eventuale disallineamento comporterebbe per la maggior parte dei capitalisti europei costi molto più elevati di quelli causati dalla rottura con la Russia, a causa della diversa portata delle relazioni economiche, commerciali e finanziarie in essere.
In questo senso, il conflitto con la Russia è il risultato sia del posizionamento geostrategico storicamente dato dell’UE, sia della valutazione autonoma di costi e benefici da parte delle classi dominanti europee. Questo spiega perché la leadership dell’UE è spesso più realista del re nel suo impegno guerrafondaio a continuare lo spargimento di sangue in Ucraina in linea con la strategia degli Stati Uniti contro la Russia, nonché la complicità ipocrita dell’UE nel genocidio in corso del popolo palestinese, perpetrato dal governo fascista criminale dello Stato sionista di Israele, sostenuto dagli Stati Uniti.
In uno scenario di escalation della guerra imperialista, i comunisti non possono e non devono sostenere nessuno degli Stati borghesi in lotta. Fedeli all’insegnamento leninista sulla guerra imperialista, rifiutiamo le posizioni “campiste” di chi si schiera con questa o quella potenza imperialista. Siamo al fianco dei proletari dei Paesi direttamente o indirettamente coinvolti nella guerra e li chiamiamo a rivolgere le armi non contro i loro fratelli di classe, ma contro i loro sfruttatori, consapevoli che il dovere essenziale di ogni comunista è quello di lottare innanzitutto per la sconfitta della borghesia del proprio Paese.
L’UE significa guerre imperialiste, sfruttamento capitalista, peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro del proletariato. Critichiamo aspramente e respingiamo le posizioni opportuniste del Partito della Sinistra Europea, che sostengono che l’UE può essere “migliorata” e orientata a favore della classe operaia e del popolo. Essendo un’unione imperialista di Stati borghesi e monopoli capitalistici, l’UE non può essere cambiata, ma solo smembrata e distrutta. Noi, Partiti Comunisti e Operai, dobbiamo intensificare la lotta contro i suoi piani e le sue politiche, per l’uscita dei nostri Paesi da essa, dalla NATO e dalle altre organizzazioni imperialiste. Allo stesso tempo, dobbiamo rifiutare le posizioni sovraniste sia di destra che di sinistra. Le prime mirano a ripristinare la precedente sovranità nazionale borghese, come se l’uscita dall’UE da sola fosse sufficiente a migliorare le condizioni della classe operaia e degli strati popolari. Le seconde mettono in primo piano l’uscita dall’UE come prerequisito per la trasformazione della società, in una concezione opportunistica e gradualista che divide il processo rivoluzionario in fasi successive, dove l’obiettivo primario invece della rivoluzione socialista diventa la “liberazione” del Paese dal suo presunto status di “colonia” di potenze straniere. Al contrario, i comunisti, sulla base della storia recente e dell’esperienza della Brexit, sono consapevoli che l’uscita dall’UE da sola non migliora la condizione della classe operaia e non è sufficiente per progredire verso il socialismo. A nostro avviso, l’uscita dall’UE non può essere separata dal rovesciamento rivoluzionario della dittatura borghese e dalla presa del potere da parte del proletariato. La rivoluzione socialista è e rimarrà l’obiettivo primario dei comunisti della nostra epoca e non può essere diluita in fasi intermedie o spostata in un tempo indeterminato.
Cari compagni, rafforziamo il coordinamento e la cooperazione internazionale tra i Partiti Comunisti e Operai per opporci ai piani imperialisti e alle politiche reazionarie anticomuniste e antioperaie dell’UE! Rafforziamo i nostri legami con la classe operaia per favorire il rovesciamento del capitalismo, instaurare la dittatura proletaria, costruire il socialismo-comunismo e liberare l’umanità dallo sfruttamento, dalla miseria e dalla guerra!
VIVA LA RIVOLUZIONE SOCIALISTA PROLETARIA!
PROLETARI DI TUTTI I PAESI, UNITEVI!