I recenti sviluppi in Siria, con il crollo del regime di Assad e l’occupazione di Damasco da parte di HTS, gruppo jihadista sostenuto dalla Turchia, sono un ulteriore tassello dell’escalation di guerra in corso in Medio Oriente e segnano un importante rafforzamento delle posizioni del blocco imperialista USA-UE-NATO e di Israele nella regione mediorientale.
Ancora una volta, siamo messi dinanzi a una tragica verità: viviamo in un mondo che sta scivolando rapidamente nel baratro di una guerra imperialista sempre più generalizzata, e a pagare il prezzo di questa guerra sono sempre i popoli.
Gli eventi in Siria si inseriscono in un contesto caratterizzato dal massacro del popolo palestinese, dagli attacchi di Israele contro il Libano, dalle minacce all’Iran, dalla durissima competizione imperialista, in atto anche in Medio Oriente, tra potenze capitalistiche mondiali e regionali – come USA, paesi UE e NATO, Russia, Cina, Israele, Iran, Turchia e monarchie del Golfo – per il controllo dei mercati, delle risorse, delle rotte energetiche e commerciali, dei gasdotti e delle infrastrutture, nel pericoloso segno di una ridefinizione delle sfere di influenza, con la possibilità di un cambio dei confini e dello smembramento della Siria.
Sin dal 2011, la nostra posizione sulla “guerra civile” siriana è stata chiara ed espressa in ogni contesto. Nel contesto delle cosiddette “primavere arabe”, la Siria è stata oggetto di un’aggressione imperialista coordinata e finanziata da USA, Turchia, Israele e paesi dell’UE, messa in atto con una vera e propria “guerra per procura” condotta dalle variegate milizie del fondamentalismo islamico; una guerra in cui la Russia e l’Iran sono intervenuti in difesa del regime di Assad e dei propri interessi economici e militari a questo collegati.
La situazione in Siria nelle settimane antecedenti alla caduta di Damasco vedeva il nord-ovest del paese occupato militarmente dalla Turchia in aperto sostegno alle forze jihadiste nella città di Idlib e nei pressi di Aleppo; gli USA, con una significativa presenza militare nel Nord-Est del paese, controllato dai separatisti curdi, e nel governatorato di Homs, con la base di At-Tanf nel territorio controllato dal Free Syrian Army; la Russia con migliaia di militari a sostegno del regime di Assad, una base aerea a Khmeimim e una base navale a Tartus.
I fatti dell’ultima settimana sono la continuazione di questi sviluppi. Il popolo siriano continua a pagare il prezzo dei piani e delle trattative che avvengono sulla sua pelle, in un mondo, caratterizzato da una dura competizione inter-imperialistica, che tende a polarizzarsi in due principali blocchi capitalistici, la cui aspra contrapposizione moltiplica i conflitti militari.
I fatti hanno confermato che, senza il sostegno militare della Federazione Russa e dell’Iran, il regime di Assad sarebbe crollato nel 2015. In un contesto mondiale caratterizzato dalla guerra in Ucraina tra la Federazione Russa e il blocco USA-UE-NATO e dalla guerra di Israele contro il popolo palestinese, il Libano e l’Iran, dinanzi a un’offensiva militare su larga scala delle forze jihadiste sostenute dalla Turchia e, soprattutto, di fronte alla volontà di non opporre resistenza dell’esercito regolare siriano, la Russia e l’Iran hanno cessato questo sostegno. Le forze maggiormente vicine agli USA e a Israele, come le milizie curde e il cosiddetto “Free Syrian Army”, annunciano la propria disponibilità a cooperare, assieme a pezzi dell’apparato statale collassato per l’integrità territoriale di uno Stato siriano già smembrato.
I governi europei, i media e gli organi di informazione e di comunicazione di massa cercano oggi di occultare il reale carattere della guerra in Siria, presentando gli islamisti come “ribelli” e “liberatori”, la caduta del regime di Assad come una speranza per il “ritorno della democrazia” in Siria, utilizzando la stessa retorica che ha giustificato il sostegno alle forze islamiste e le invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq, le ingerenze imperialiste in Libia, ecc. L’ipocrisia dei media e dei governi è tale che giustificano il loro supporto alle forze fondamentaliste parlando del “regime sanguinario” di Assad, mentre fingono di non sapere cosa accade quotidianamente nei regimi dei paesi limitrofi a loro alleati, come l’Arabia Saudita.
Il popolo siriano aveva e ha il diritto di lottare per le proprie aspirazioni, per la libertà e la giustizia sociale, contro la propria condizione di sfruttamento e di povertà. La nostra solidarietà e vicinanza al popolo siriano non è mai venuta meno quando, nonostante la distanza e le differenze tra i comunisti e il regime borghese di Bashar al-Assad e del partito Ba’th, abbiamo denunciato i piani dei grandi monopoli, della NATO e dei governi degli USA e dei paesi dell’UE per lo sfruttamento della Siria come serbatoio di risorse energetiche e territorio di transito di importanti oleodotti e gasdotti attraverso la violazione della sua sovranità e le ingerenze imperialiste nei suoi affari interni, finalizzate al suo smembramento e messe in atto sulla pelle del popolo.
Ribadiamo che chi oggi “da sinistra” celebra i fatti di questi giorni come una vittoria del popolo siriano sta sbagliando, e non poco. È chiarissimo che a rovesciare il regime di Assad non è stato il popolo siriano, ma un’operazione militare, da tempo preparata, coordinata e sostenuta dalle forze imperialiste, segnatamente dagli USA, dalla Turchia e da Israele, in un paradossale abbraccio tra il governo israeliano e il fondamentalismo jihadista, con la benedizione dell’uscente amministrazione Biden. Il rafforzamento del potere dei tagliagole jihadisti in Siria costituisce una nuova trappola per il popolo siriano e favorisce l’attuazione della “balcanizzazione”, cioè dello smembramento della Siria, nonostante gli appelli ipocriti al mantenimento dell’integrità territoriale del paese. Anziché portare alla pacificazione del paese, l’assunzione del potere da parte dei fondamentalisti porta le contraddizioni esistenti a un livello più alto e ne aggiunge di nuove, con il concreto rischio che possano degenerare rapidamente in una nuova “guerra calda“, con la partecipazione di potenze straniere globali e locali in una più ampia escalation dell’uso delle armi in tutta la regione mediorientale.
Siamo ben consapevoli che questi sviluppi influenzeranno negativamente la situazione in Palestina e possono spingere rapidamente le forze politico-militari palestinesi, che nella Siria baathista avevano un alleato, a cedere e ad accettare compromessi, in passato improponibili, nelle trattative per un cessate il fuoco, con la possibilità concreta di un inasprimento ulteriore del regime di occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele. Le nuove autorità siriane hanno già annunciato la chiusura dei campi di addestramento delle forze palestinesi storicamente ospitate in Siria, che oggi rischiano di essere “ricacciate” nei campi profughi. La nuova leadership siriana ha lanciato importanti segnali di pacificazione con Israele, da questo ben ricambiati, negli stessi giorni in cui sono giunte notizie di scontri a fuoco tra HTS e alcune formazioni palestinesi.
Denunciamo l’ipocrisia e l’irresponsabilità del governo italiano, dei partiti di governo e delle forze di “opposizione” che oggi mentono spudoratamente, presentando il collasso della Siria, l’avanzata dei jihadisti e delle forze più reazionarie e oscurantiste come una vittoria della “democrazia” e una speranza di pace. Questa ipocrisia viene oggi promossa dalle stesse forze politiche che sono complici e corresponsabili del genocidio dei palestinesi da parte di Israele, della compartecipazione dell’Italia alla guerra in Ucraina, del rafforzamento dei piani imperialisti dell’Italia in Medio Oriente, in Africa e nei Balcani, nonché delle posizioni dell’Italia nei piani imperialisti della NATO.
Allo stesso tempo, respingiamo come fuorvianti le posizioni di chi nel crollo del regime baathista vede la caduta di un presunto “bastione dell’antimperialismo“, dimenticando la natura economica capitalistica di quel regime e le riforme liberiste, introdotte proprio da Bashar Al-Asad, che hanno aperto la strada al capitale russo e iraniano.
Ribadiamo che la lotta contro la povertà e la miseria, contro la guerra imperialista, contro l’oppressione e la repressione dei diritti dei popoli, può essere davvero vittoriosa solo se il proletariato e il popolo individuano con chiarezza il proprio vero nemico, cioè il sistema capitalistico che genera guerra e oppressione.
Dai fatti di questi giorni escono confutati due approcci diffusi “a sinistra”, apparentemente opposti ma che si fondano sulla stessa rinuncia ai principi rivoluzionari.
Il primo è quello di chi, in nome di un generico “progressismo”, ha voluto mitizzare quelle forze politiche curde che compartecipano al piano imperialista di aggressione alla Siria in cooperazione con gli USA, l’UE e la NATO e che oggi si dicono disponibili a integrarsi nella nuova amministrazione capitalistica dello Stato siriano.
Il secondo è quello di chi crede che, siccome i rapporti di forza sono sfavorevoli, non esista alternativa al dilemma tra una “democrazia imperialista” e una “dittatura borghese antimperialista”, non considerando le legittime aspirazioni dei popoli e del proletariato dei paesi capitalistici non subalterni al blocco euro-atlantico come la Siria di Assad e pensando che la funzione dei comunisti possa limitarsi a sostenere governi borghesi presuntamente “antimperialisti”, rinunciando alla propria autonomia politica.
Restiamo convinti, e pensiamo che la Siria lo dimostri, che si può vincere se si costruisce una propria strategia indipendente da tutte le fazioni borghesi, da tutti i blocchi o poli capitalistici che cercano di strumentalizzare a proprio favore il malcontento popolare nei paesi avversari, riducendo i popoli a pedine da manovrare secondo i propri piani imperialisti. Una strategia rivoluzionaria ammette duttilità tattica, ma non la rinuncia ai principi fondamentali che fanno da spartiacque tra chi sta con una classe e chi sta con un’altra.
Il Fronte Comunista e il FGC esprimono solidarietà e vicinanza al popolo e ai comunisti siriani, che hanno davanti a sé l’enorme sfida della resistenza ai piani dell’imperialismo, alla reazione e all’oscurantismo. La migliore speranza per i popoli, in Siria, in Medio Oriente e in tutto il mondo, sta nel rafforzamento e in una nuova avanzata del movimento operaio e dei comunisti.