Cari compagni,
prima di tutto vi porgo il saluto del Fronte Comunista d’Italia, a nome del quale vorrei anche ringraziare il Partito Comunista di Grecia per avere ospitato questo nostro incontro.
L’UE, al netto della propaganda promossa dai suoi organi, non è un’unione politica o uno stato federale, bensì un’alleanza interstatale imperialista, costituita esclusivamente nell’interesse dei monopoli attraverso la delega, consapevole e volontaria, da parte di ciascuna borghesia nazionale degli Stati membri, di alcune funzioni e poteri dello Stato a un’entità sovranazionale, con lo scopo di ottimizzare il funzionamento del mercato comune, la circolazione dei capitali e la stabilità dell’euro.
L’UE ha anche il ruolo di regolamentare la concorrenza tra i monopoli dei paesi membri e di rafforzare, politicamente e organizzativamente, la competitività dei monopoli europei nei confronti dei concorrenti internazionali per aumentare la loro collettiva capacità di penetrazione nei mercati internazionali, col fine di accrescere le loro quote di mercato, e il loro controllo delle risorse naturali, energetiche e umane, delle rotte commerciali, dei dati e delle sfere di influenza politico-strategiche.
Nei confronti del proletariato, infine, l’UE è uno strumento di rafforzamento dello sfruttamento capitalistico, dell’estrazione di plusvalore e del potere borghese nel suo complesso, complementare allo stato nazionale, che rimane ancora la principale forma di organizzazione politico-giuridica del capitale, anche per quanto riguarda l’inasprimento della coercizione e della repressione della lotta di classe.
L’UE non è stata creata dai popoli né serve i loro interessi. Al contrario, essa è espressione dell’alleanza della borghesia europea contro la classe operaia e i ceti popolari di ogni paese. L’atteggiamento guerrafondaio, le direttive antipopolari e anti-operaie degli organi dell’UE mirano a favorire i profitti dei monopoli, peggiorano la vita dei proletari e limitano i diritti dei lavoratori, confermando il carattere reazionario dell’UE come unione del capitale contro le masse popolari.
Proprio poiché la difesa degli interessi del capitale nazionale è tutt’oggi principalmente delegata allo Stato nazionale, la concorrenza tra i monopoli si traduce in una concorrenza tra Stati anche all’interno delle unioni e alleanze imperialiste. Benché l’UE profonda grandi sforzi per limitare gli aspetti più eclatanti della concorrenza con regolamentazioni che fissano i criteri di spartizione delle quote del mercato unico, questo aspetto contraddittorio rimane il principale elemento di instabilità al suo interno come in tutte le altre alleanze imperialiste e aree di libero scambio su base capitalistica, nelle quali gli Stati membri sono alleati e concorrenti al tempo stesso. Ciò è evidente, ad esempio, se guardiamo alle relazioni tra USA e UE, assolutamente non definibili come coloniali o semicoloniali. Si tratta piuttosto di un rapporto di forte interdipendenza economica, nato e sviluppatosi nel secondo dopoguerra grazie al Piano Marshall e al ruolo di “levatrice” degli USA nel processo di unificazione dei mercati europei come sbocco per le enormi eccedenze produttive post-belliche americane, che ha determinato e continua a determinare forme di forte dipendenza politica e militare dei paesi europei dagli USA, ai quali è stato da allora delegato il compito della difesa degli interessi del capitale occidentale nel suo complesso, sia sul piano politico, che su quello militare. Queste sono le ragioni storiche profonde di relazioni che, talvolta, sembrano essere contrarie agli interessi immediati del capitalismo europeo. Pur di salvare questo rapporto con gli USA e i propri interessi strategici in quel mercato, i settori dominanti del capitale europeo hanno preferito seguire l’amministrazione Biden sulla strada della guerra, militare ed economica, alla Russia, in una avventuristica scommessa, secondo la quale l’iniziale, “limitato” sacrificio in termini di maggiori costi energetici avrebbe garantito la realizzazione degli obiettivi strategici di lungo termine dopo una “facile” vittoria sulla Russia. Una scommessa basata su una valutazione superficiale, cialtronesca e affetta da manie di grandezza, che si è rivelata perdente e che, insieme alla follia sanzionatoria e alle onerose forniture di armi e fondi all’Ucraina, ha aggravato una crisi già in atto avviandola alla recessione, introducendo la realtà della povertà energetica anche nei paesi imperialisti europei, con conseguenze pesantissime per i proletari.
Se l’impatto dello stop alle forniture gaspetrolifere dalla Russia è stato irrilevante per l’economia di quest’ultima, ha però consentito, per la prima volta da almeno 3 decenni, l’accesso al mercato europeo agli idrocarburi di provenienza americana, con conseguenti enormi profitti per l’export energetico USA e un insostenibile aumento di costi per le economie europee. Questo ha determinato un loro forte indebolimento e una perdita di peso, anche politico, nell’ambito del piramidale sistema imperialista mondiale con la conseguenza di un generalizzato quanto drastico peggioramento delle condizioni di vita del proletariato europeo. Inoltre, nonostante una ormai evidente sconfitta militare dei loro alleati ucraini e di tutta la coalizione antirussa, gli USA traggono ingenti profitti anche dalla fornitura di nuovi armamenti sostitutivi di quelli consegnati dai paesi dell’UE all’Ucraina. I pesanti costi che ne derivano gravano sui bilanci degli stati dell’UE, contribuendo a renderla ancora più debole e dipendente dagli USA e costringendola a sprofondare in un’economia di guerra. Sotto l’illuminante guida dell’eurovalchiria con l’elmetto Von der Leyen e dell’apprendista macellaio Mark Rutte, segretario della NATO di fresca nomina, si sta preparando la ricetta di sempre: finanziare la guerra con drastici tagli a sanità, pensioni, servizi sociali e al soddisfacimento dei bisogni vitali dei proletari. In una parola, ancora più morti sui campi di battaglia, ancora più impoverimento per i proletari e i ceti popolari.
Con l’insediamento dell’amministrazione Trump-Musk queste contraddizioni tra “alleati” sono destinate ad acuirsi e a moltiplicarsi, ad esempio con l’imposizione di dazi sulle merci di provenienza UE, superiori addirittura a quelli sulle merci cinesi. Inoltre, il nuovo approccio della presidenza Trump alla questione ucraina si prefigge di scaricare l’intero costo della guerra sugli alleati europei per liberare risorse da destinare alla competizione con la Cina nello scacchiere indo-pacifico, utilizzando comunque l’UE e la NATO per continuare a contrastare la Russia in Europa, ma a spese dell’UE e senza per altro rinunciare a pretendere dal nazista accattone Zelensky la restituzione in misura quasi doppia e in forma di terre rare di quanto profuso all’Ucraina, non generosamente ma in lend lease, dalla precedente amministrazione Biden. L’UE, naturalmente, non è invitata a questo banchetto.
In questo approccio non c’è nessuna reale volontà di fermare il conflitto in favore dei popoli coinvolti, dalla Russia, all’Ucraina, all’Europa, ma solo l’intento di assicurare agli USA ulteriori vantaggi strategici sull’UE. La tattica dell’amministrazione Trump di consolidamento dell’egemonia statunitense in Europa pone la dirigenza dell’UE in una posizione estremamente critica. Dopo essersi sbilanciati in dichiarazioni belliciste di sostegno incondizionato al regime fascista ucraino, si ritrovano oggi costretti dall’alleato d’oltreoceano a scegliere se abbandonare il regime di Kiev al suo triste destino, o altrimenti cercare di continuare ad appoggiare una causa persa senza averne realmente i mezzi finanziari e la capacità militare, neppure al prezzo di insostenibili sacrifici che il proletariato e i popoli d’Europa non sono più disposti ad accettare. Tutto ciò con l’ulteriore, meritata umiliazione di essere esclusi dal tavolo delle trattative.
Oltre ai contrasti in merito all’atteggiamento verso la Russia e la continuazione della guerra, tra USA e UE stanno maturando ulteriori contraddizioni, ad esempio quelle concernenti le pretese espansionistiche di Trump sulla Groenlandia, attualmente sotto giurisdizione danese, ricca di importanti risorse minerarie che il cambiamento climatico e lo scioglimento dei ghiacci hanno reso accessibili e importante presidio strategico per il controllo dell’Artico, anche qui in funzione di contenimento della Russia. Al di là della valenza propagandistica e provocatoria delle dichiarazioni di Trump, si parla addirittura dell’invio in Groenlandia di truppe danesi e di altri paesi dell’UE per contrastare l’eventuale uso della forza militare da parte degli USA. L’ipotesi di uno scontro tra “alleati” nella NATO non è poi così remota e si aggiunge alle tensioni esistenti tra Grecia e Turchia, altri due “alleati” NATO, in relazione alla sovranità sulle isole dell’Egeo, alla questione dell’occupazione di Cipro Nord e allo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale nella ZEE di Cipro, in cui anche il monopolio italiano ENI ha forti interessi. Neppure vanno sottovalutati altri contrasti interni al blocco imperialista USA-UE-NATO, quali, ad esempio, quelli tra USA e Turchia in relazioni ai futuri assetti di Siria e Palestina, o le divergenze tra gli USA e l’UE in relazione alla Corte Penale Internazionale dell’Aja e ai crimini israeliani.
In sostanza, sul piano economico, gli USA cercano di attutire l’impatto della generale crisi capitalistica, dalla quale il sistema imperialista mondiale non riesce a uscire dal 2008, a spese degli alleati-concorrenti europei e non solo. L’apparente disimpegno americano dal conflitto ucraino altro non è che un’operazione di razionalizzazione dei costi in funzione di un cambiamento di priorità strategiche: migliorare il rapporto con la Russia per contrastare la Cina.
I comunisti in Europa devono essere in grado di volgere a proprio vantaggio le contraddizioni esistenti all’interno del blocco euroatlantico tra USA e UE e usare la relativa attuale debolezza dell’UE per accelerare l’uscita dei nostri rispettivi paesi da questa unione imperialista che ormai ha fatto il suo tempo. Dobbiamo respingere con la massima fermezza le posizioni di chi interpreta quanto sta accadendo come un problema di mera incapacità e cialtronaggine soggettive della leadership dell’UE, pur esistenti, e chiama le masse popolari a schierarsi su posizioni di “patriottismo europeista”, “per un ruolo più incisivo dell’UE”, o peggio ancora “per la creazione di un esercito europeo”. Lo diciamo con chiarezza: queste contraddizioni sono oggettive e inevitabili in forza della natura stessa delle alleanze tra paesi capitalistici e l’unico modo per superarle è il rovesciamento rivoluzionario del capitalismo e del potere borghese per instaurare la dittatura proletaria e avviare la costruzione del socialismo-comunismo. Riteniamo centrale nella strategia comunista la lotta per l’uscita dall’UE, avendo ben presente che questa è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per avanzare verso il socialismo-comunismo, se non è complementare e non si accompagna alla presa del potere politico da parte della classe operaia. Questo è il punto qualificante che ci distingue dai sovranisti di destra e di “sinistra” che, senza tenere conto dell’esperienza negativa della Brexit, vedono nella sola uscita dall’UE la soluzione di ogni problema che affligge il proletariato.
Questo cammino di lotta deve articolarsi in obiettivi tattici e strategici, tra loro interconnessi, che noi individuiamo come segue:
- impedire un ulteriore coinvolgimento dell’UE nel suo complesso e dei nostri rispettivi paesi nelle guerre imperialiste in atto in Ucraina, nel Medio Oriente e in qualsiasi altra parte del mondo;
- la cessazione immediata di ogni fornitura di armi e sostegno finanziario al regime fascista di Kiev;
- la cessazione immediata di ogni fornitura di armi e di ogni relazione economica e culturale con lo Stato criminale e genocida d’Israele;
- la revoca delle sanzioni contro la Russia, il cui unico effetto è quello di colpire profondamente i lavoratori e i popoli di tutti i paesi coinvolti;
- contrastare il più decisamente possibile la cancellazione dei diritti democratici e sindacali, le tendenze autoritarie e le svolte repressive attuate dall’UE per imporre misure antioperaie e economia di guerra, nonché l’anticomunismo e lo stravolgimento della storia che ne costituiscono il fondamento ideologico;
- la lotta per l’uscita dalla NATO, per la chiusura di tutte le basi militari NATO e straniere sui nostri territori, per il rientro delle missioni di guerra all’estero e di tutto il personale, militare e civile, impiegato nelle guerre imperialiste della NATO;
- la lotta per l’uscita dall’UE, per l’abbattimento del capitalismo e l’instaurazione del potere operaio, per il socialismo-comunismo.