Cari compagni,
a nome del Fronte Comunista d’Italia vorrei salutare calorosamente tutti i Partiti fratelli presenti all’odierna riunione.
Nel 2024, la Francia è stata teatro di imponenti mobilitazioni sociali che hanno messo in luce il crescente malcontento dei lavoratori. Sia pure in misura più contenuta, si sono avute significative proteste anche in Gran Bretagna e Germania. A un anno di distanza, è opportuno riflettere sugli impatti di queste proteste e analizzare perché, nonostante condizioni economiche e sociali simili, l’Italia continui a manifestare una relativa immobilità sul fronte delle lotte operaie. Questo contrasto solleva interrogativi importanti sul futuro del movimento operaio in Europa e sulle specificità del contesto italiano.
Le mobilitazioni francesi del 2024 hanno rappresentato uno dei più significativi movimenti di protesta operaia degli ultimi anni in Europa. Innescate principalmente dalle proposte di riforma del sistema pensionistico, dall’aumento del costo della vita e dalla crescente precarizzazione del lavoro, queste proteste hanno visto la partecipazione di milioni di lavoratori, con picchi di oltre due milioni di manifestanti nelle giornate di maggior mobilitazione.
I sindacati francesi, in particolare la CGT, hanno dimostrato una notevole capacità di mobilitazione intersettoriale, coordinando efficacemente le azioni di protesta tra diversi settori: dai trasporti all’energia, dall’istruzione alla sanità. L’ampiezza del movimento ha permesso di mantenere alta la pressione sul governo per diversi mesi.
I risultati ottenuti, seppur parziali, hanno incluso alcune significative concessioni in materia di salari in alcuni settori strategici e un ridimensionamento di alcuni aspetti delle riforme originariamente proposte. Inoltre, queste mobilitazioni hanno contribuito a riportare al centro del dibattito pubblico temi come la giustizia sociale e i diritti dei lavoratori.
Alcuni dati significativi sull’Italia:
- Il salario medio reale è diminuito del 2,9% negli ultimi cinque anni, l’unico caso tra i grandi paesi europei e appartenenti all’OCSE
- La percentuale di lavoratori a rischio povertà è salita al 12,2% nel 2023
- Il 24% dei giovani tra i 15 e i 29 anni non studia né lavora (NEET), il tasso più alto in Europa
- L’indice di disuguaglianza GINI è passato da 0,33 nel 2019 a 0,35 nel 2023, indicando un aumento delle disparità sociali
- nel 2023-2024 il potere d’acquisto delle famiglie italiane è diminuito del 3,5%
- la precarietà lavorativa ha raggiunto livelli record, con il 18,5% dei lavoratori impiegati con contratti a termine o altre forme di lavoro non standard.
Per non parlare dell’innalzamento dell’età pensionistica, del furto continuato del TFR e della costante riduzione di rendimento dei contributi.
Eppure, in Italia, nonostante condizioni economiche in molti casi peggiori rispetto alla Francia, assistiamo a una sorprendente immobilità sociale. Benché il tasso di sindacalizzazione in Italia si attesti attorno al 31,5% contro il 10,8% della Francia, paradossalmente, questa maggiore presenza sindacale non si traduce in una maggiore capacità di mobilitazione. Nel 2023, l’Italia ha registrato circa 1,2 milioni di giornate di sciopero, contro i 5,8 milioni della Francia, nonostante una composizione della popolazione lavorativa simile.
Diverse ragioni possono spiegare questa contraddizione:
- Frammentazione sindacale. In Italia, la divisione tra diverse sigle sindacali e l’atteggiamento di collaborazione di classe dei maggiori sindacati spesso impediscono azioni coordinate ed efficaci. Mentre in Francia la CGT riesce a porsi come punto di riferimento per i movimenti di protesta, in Italia le divisioni tattiche e strategiche tra le diverse organizzazioni e le rivalità tra loro ne indeboliscono l’impatto.
- Struttura produttiva e precarizzazione del lavoro. La frammentazione fisica e territoriale dell’apparato produttivo, la prevalenza numerica di imprese micro, piccole e medie, magari controllate centralmente da monopoli e grandi gruppi di capitale finanziario e la precarizzazione del mercato del lavoro italiani, con una miriade di contratti atipici e un forte tasso di lavoro nero (stimato al 12% del PIL), rende più difficile organizzare i lavoratori. Il timore di perdere il posto di lavoro in un contesto di alta disoccupazione (8,1%) agisce inoltre come potente deterrente alla mobilitazione.
- Cambiamento di atteggiamento politico. I sindacati a partire dagli anni ’80 sono progressivamente passati dal conflitto di classe alla contrattazione negoziale, al compromesso, alla gestione dell’esistente e alla cooperazione di classe, indebolendo la capacità di mobilitazione di massa.
- Individualizzazione del disagio. A differenza della Francia, dove esiste una forte tradizione di espressione collettiva del malcontento, in Italia si è largamente diffuso negli ultimi anni un approccio individualista e passivo nei confronti dei problemi sociali. La linea di collaborazione di classe dei grandi sindacati e il sostegno dato dai partiti opportunisti alle politiche antioperaie e antipopolari dei governi borghesi hanno diffuso un senso di rassegnazione e di sfiducia nella possibilità di cambiare l’attuale stato di cose attraverso la lotta collettiva, con conseguente crescente distacco dalla politica attiva, o con un atteggiamento da “tifoseria” nei confronti del dibattito politico. Ne è esempio l’aumento dell’astensionismo, salito al 36% nelle ultime elezioni al parlamento nazionale, al 51% alle elezioni europee.
- Informazione e media. La scarsissima, al limite del silenzio, copertura mediatica delle questioni sociali e dei conflitti di lavoro contribuisce a rendere invisibili le problematiche dei lavoratori, diffondendo un senso di “ineluttabilità” delle condizioni esistenti che fiacca la volontà di lotta e diminuisce l’efficacia e l’estensione delle azioni di protesta.
- Legislazione autoritaria. In Italia in particolare, ma più in generale in tutta l’UE, è in atto una svolta autoritaria che, attraverso l’adozione di leggi che limitano fortemente il diritto di sciopero, la libertà di espressione e di manifestazione con la creazione di nuove species di reati legati all’esercizio dei diritti democratici, politici e sindacali, del proletariato. Le sanzioni, sia penali che amministrative, previste da tali decreti, falsamente motivati con il pretesto della “sicurezza”, sono state aggravate e costituiscono un forte elemento di intimidazione.
Se parliamo di prospettive delle lotte operaie, nonostante quanto detto sopra, alcuni segnali indicano possibili sviluppi nel prossimo futuro:
- Internazionalizzazione delle lotte. L’europeizzazione dei processi decisionali potrebbe spingere verso un maggiore coordinamento delle lotte a livello europeo, con azioni congiunte su temi come salario, diritti sociali e altro ancora, il che potrebbe agire da stimolo per una ripresa della lotta di classe, politica e sindacale, in Italia.
- Rinnovamento sindacale. In diversi paesi, inclusa l’Italia, si avverte la necessità di rinnovamento delle strutture sindacali, superando gli attuali assetti burocratici per ristabilire un rapporto di fiducia con i lavoratori. Maggiore attenzione, inoltre, va dedicata ai lavoratori precari e del settore dei servizi, complementari o meno alla produzione, tradizionalmente meno sindacalizzati.
- Nuove forme di conflitto. Alle tradizionali forme di sciopero occorre affiancare nuove modalità di mobilitazione, che tengano conto del contesto produttivo contemporaneo e delle crescenti limitazioni al diritto di sciopero. Se la borghesia inventa nuovi espedienti, giuridici e repressivi, nel tentativo di contenere la lotta di classe, la creatività del proletariato sarà certamente in grado di trovare nuove vie di lotta al passo coi tempi.
- Alleanze sociali più ampie. Si avverte l’esigenza di far convergere le rivendicazioni di altre categorie, quali, ad esempio, i lavoratori agricoli e i lavoratori autonomi, con quelle della classe operaia, al fine di creare intorno a essa ampie alleanze sociali orientate in senso anticapitalistico e socialista. Al tempo stesso, il movimento operaio deve essere messo in grado di affrontare le altre grandi questioni del mondo contemporaneo, come quelle ambientali, di genere, ecc., con un approccio di classe che traguardi il rovesciamento del capitalismo e del potere borghese. Lo strumento perché ciò avvenga è un forte e moderno partito comunista.
Gli scioperi francesi del 2024 dimostrano che, quando è mossa se non da una chiara coscienza, almeno da un istinto di classe e da organizzazioni radicate nei luoghi di lavoro, la classe operaia può diventare una forza decisiva nel contesto politico-sociale contemporaneo ed è in grado di influire sullo stato di cose presente.
Il contrasto tra la vivacità delle mobilitazioni francesi e la relativa immobilità italiana non è un dato immutabile, ma il risultato di specifiche configurazioni storiche, politiche e sociali.
Come partito comunista impegnato nella lotta di classe, riconosciamo che questa analisi ci pone di fronte a responsabilità precise.
La frammentazione delle forze di classe e l’arretramento ideologico di molte organizzazioni storiche hanno lasciato un vuoto che deve essere colmato attraverso un ritorno ai principi scientifici della teoria marxista-leninista e alla formazione del partito rivoluzionario della classe operaia.
Il nostro partito, pur nelle sue dimensioni attuali, ha il compito di lavorare su due fronti paralleli: da un lato, contribuire alla ricostruzione di un’autentica coscienza di classe tra i lavoratori italiani, superando la frammentazione indotta dallo sviluppo capitalistico nella fase attuale e dall’approccio collaborazionista dei maggiori sindacati; dall’altro, promuovere il coordinamento internazionale delle lotte operaie, nella consapevolezza che la lotta contro l’offensiva del capitale è più efficace se non è costretta entro il limite dei confini nazionali, ma è condotta concordemente con i fratelli di classe degli altri paesi.
La nostra sfida è quella di ricostruire, insieme ai partiti fratelli qui presenti, coscienza di classe e capacità di mobilitazione, rafforzando i legami di solidarietà internazionalista e riportando al centro del dibattito politico la contraddizione fondamentale tra capitale e lavoro.
La lotta di classe, che i capitalisti non hanno mai cessato di praticare efficacemente, non è un concetto obsoleto, ma una realtà quotidiana che richiede analisi lucida e azione decisa. In questo spirito, guardiamo alle esperienze dei nostri compagni francesi non come un modello da imitare meccanicamente, ma nella convinzione che, anche nell’Europa del XXI secolo, la classe operaia organizzata può ancora scrivere la storia.
VIVA L’INTERNAZIONALISMO PROLETARIO!
PROLETARI DI TUTTI I PAESI, UNITEVI!
Considerazioni conclusive del Partito Comunista di Grecia (KKE)
Concludendo l’incontro odierno dei Partiti dell’Azione Comunista Europea (ACE), possiamo valutare positivamente il lavoro svolto oggi.
Naturalmente sappiamo che il livello di sviluppo, il potenziale di mobilitazione, il livello di organizzazione, i risultati del movimento sindacale sono diversi in ogni paese europeo, così come le esperienze di ciascun Partito Comunista, che dipendono dalle possibilità e dalle condizioni in cui agisce, ecc.
Tuttavia, riteniamo che, come ACE, sia stato giusto tenere l’incontro di oggi, perché ci sono anche molte questioni comuni che tutti i PC stanno affrontando, come l’attacco alla classe operaia in tutta l’Europa da parte dei governi borghesi di ogni colore, sia di destra che socialdemocratici. Un attacco che si sta svolgendo in un contesto in cui si intensificano le rivalità interimperialiste, anche all’interno del blocco euro-atlantico, mentre le classi borghesi europee stanno portando avanti la pianificazione della cosiddetta “autosufficienza militare”, cioè dell’industria bellica. Nella pratica questo si traduce in un nuovo attacco ai diritti sociali e al tenore di vita dei lavoratori in tutta l’Europa. Si tratta di una politica che si sviluppa parallelamente all’inasprimento dell’anticomunismo e al rafforzamento dei meccanismi repressivi dello Stato borghese.
Sulla base di quanto detto, riteniamo che lo scambio di opinioni ed esperienze che abbiamo avuto qui oggi sia stato molto utile e ringraziamo calorosamente i nostri compagni sindacalisti, che hanno portato esperienze vive che possono arricchire la nostra azione.
La conferenza di oggi dimostra anche qualcos’altro: il carattere dei partiti dell’ACE, che sono orientati allo sviluppo della lotta di classe, che non perdono di vista la ricerca del sostegno della classe operaia e lo sviluppo delle sue lotte.
Come comunisti, vogliamo essere in prima linea nell’organizzare le lotte della classe operaia sui grandi fronti di lotta che riguardano tutti i problemi della classe operaia e degli strati popolari. Come ad esempio le lotte dei lavoratori che ostacolano la strategia che le classi borghesi hanno elaborato per aumentare la redditività del grande capitale. Lottiamo per impedire misure reazionarie, per ottenere progressi che migliorino la vita dei lavoratori e allo stesso tempo per dimostrare che il sistema capitalistico di sfruttamento, che è al servizio dei profitti dei monopoli, non può essere sanato e deve essere rovesciato attraverso la lotta della classe operaia e degli altri strati popolari, per aprire la strada alla costruzione della nuova società socialista-comunista.
Noi, i partiti dell’ACE, ci schieriamo su posizioni di classe e allo stesso tempo internazionaliste contro la guerra imperialista, contro le alleanze imperialiste come l’UE e la NATO, contro le basi americane e i criminali piani avventuristici della borghesia, che dissanguano la classe operaia in tutto il mondo per i profitti dei capitalisti.
Noi, i PC dell’ACE, teniamo sempre presente l’indimenticabile slogan del Manifesto del Partito Comunista nello sviluppo della nostra azione per organizzare e rafforzare la lotta dei lavoratori d’Europa nelle prossime lotte: “Proletari di tutti i paesi, unitevi!”.
Considerazioni conclusive del Partito Comunista Rivoluzionario di Francia (PCRF)
Compagni,
a nome del nostro partito, il PCRF, vorrei dare nuovamente il benvenuto ai rappresentanti dei partiti dell’ACE. È la prima volta che una conferenza dell’ACE e anche della disciolta Iniziativa Comunista Europea (ICE) si tiene in Francia. Abbiamo un debito speciale di gratitudine nei confronti del KKE che, insieme alla segreteria dell’ACE, ha curato tutta la logistica di questo evento. La conferenza si è svolta sull’importante tema “Ad un anno dagli scioperi in Francia, prospettive per la lotta operaia in Europa”.
In Francia, Macron ha espresso i suoi desideri per il 2025 in un contesto di massima crisi politica a partire dall’estate del 2024. Ha riciclato un vecchio politico come Primo Ministro per guadagnare tempo e prolungare il più possibile le sue politiche, elaborate seguendo i piani dei consigli di amministrazione dei monopoli francesi. Questo periodo di indebolimento della Quinta Repubblica è una manifestazione della crisi dell’imperialismo, e quindi ha cause economiche. Fino al 2024, Macron ha potuto contare sui risultati economici decantati dai consigli di amministrazione dei monopoli. È stato persino in grado (seppur in modo formale e parziale) di eliminare la questione dell’occupazione dall’arena politica e di vantarsi della reindustrializzazione.
Tuttavia, questo scenario economico si sta sgretolando sotto il peso della crescente concorrenza internazionale, che è diventata più sfavorevole al capitalismo francese. Il principale partner economico della Francia, ad esempio, è la Germania, la cui recessione, ormai giunta al secondo anno consecutivo (con due tonfi del Prodotto interno lordo (PIL)), si ripercuote negativamente sui profitti delle imprese francesi. Sotto i mandati di Macron, i monopoli francesi hanno guadagnato costantemente posizioni economiche all’estero in tutti i continenti, ma la concorrenza dei monopoli in tutti i Paesi continua senza sosta. Pertanto, le posizioni guadagnate possono essere perse e gli sviluppi rallentati. I monopoli cinesi, ad esempio, esportano capitali, beni e materie prime a prezzi mai visti prima. In questo contesto, i monopoli francesi in generale stanno intensificando la pressione sociale sui lavoratori e la rovina dei piccoli produttori.
Per anni, lo Stato borghese francese ha cercato di sostenere il proprio capitalismo e il suo bisogno di capitali per gli armamenti, le strategie “green” e tecnologiche attraverso uno sfruttamento salariale rafforzato e più efficace, nonché attraverso tasse e debiti che devono essere pagati dai lavoratori. La riforma delle pensioni in Francia fa parte di questa strategia dei monopoli, e ha suscitato rabbia e opposizione intense. Tuttavia, in assenza di una strategia sindacale, di un piano e di un coordinamento delle lotte per bloccare i profitti dei monopoli, i salariati hanno subito un’altra sconfitta.
Tutti i sindacati in Francia sono dominati dall’aristocrazia operaia e dalla burocrazia. Questo non ci impedisce di sostenere tutto ciò che va nella direzione dell’unità della lotta sindacale sulla base delle rivendicazioni e con la bussola dell’equilibrio dei rapporti di forza nello sciopero e dell’occupazione dei luoghi di lavoro. Come abbiamo visto dai vostri interventi, il compito del Partito Comunista è sempre quello di proporre parole d’ordine e strategie per la lotta economica. Lo facciamo anche quotidianamente nella direzione delle lotte operaie, sotto l’impulso particolare della nostra Commissione Operai e Imprese.
In Francia, il dominio del sindacalismo basato sulla cogestione, sulla non conflittualità, sul partenariato o sulla collaborazione è radicato nella forza e nella maturità dell’imperialismo francese, nella storia del movimento operaio e del marxismo e nella struttura delle classi sociali. Oggi, l’assenza di un vero e proprio sindacato centrale con posizioni di classe è legata anche all’assenza di un vero e proprio Partito Comunista riconosciuto dalla classe operaia.
Durante la lotta per la difesa delle pensioni, la CGT, che in passato aveva assunto una posizione di classe, non ha mai smesso di appellarsi “anima e corpo” alla “saggezza dei membri del Consiglio Costituzionale” della Repubblica francese, o alla “ragione dei parlamentari”, finendo per concludere la lotta con lo slogan, cito: “Con questa lotta, nulla sarà più come prima”. E niente di più.
D’altra parte, la confederazione CGT non ha mai fatto un bilancio della lotta, e ancora oggi la strategia non viene mai discussa o dibattuta, nemmeno nei congressi locali o dipartimentali che si stanno svolgendo ora, se non con pochissime eccezioni. L’incontro di tutte le federazioni della CGT nel febbraio 2023, in un momento in cui i rapporti di forza si stavano spostando in favore della difesa delle pensioni, sarà ricordata come un momento indimenticabile nella storia del sindacalismo concertativo.
Nessuna valutazione strategica o tattica è stata fatta dalle confederazioni sindacali, anche se l’attuale crisi politica ha portato alla proposta del nuovo governo di ridiscutere la riforma delle pensioni fino a giugno. Tutte le organizzazioni sindacali hanno accettato questo pessimo calendario per la cosiddetta concertazione, senza alcun piano di lotta, a parte la partecipazione alle manifestazioni dell’8 marzo e dei pensionati del 20 marzo e del 1° maggio… Il titolo di una newsletter della CGT pubblicata a marzo sul bilancio statale più avaro a partire dal 2025 era, cito: “Il NOSTRO patto sociale si indebolisce con la finanziaria 2025”. No comment.
Allo stesso tempo, però, le strategie antipopolari del governo francese e dello Stato sono state pienamente confermate. A gennaio, ad esempio, il Ministro delle Forze Armate ha dichiarato che l’aumento di 3,3 miliardi della spesa militare entro il 2025 e la legge di programmazione militare da 413 miliardi fino al 2027 non sono negoziabili, anche nell’attuale contesto politico e di bilancio. All’inizio di quest’anno, Macron ha nuovamente esercitato pressioni sull’Europa per una “preferenza europea” in materia di armamenti, con l’obiettivo di sfruttare la leadership dei monopoli francesi delle armi in questo campo. Macron ha persino parlato della necessità di aumentare la spesa al 5% del PIL in caso di ritiro degli Stati Uniti dai finanziamenti della NATO.
Contro la chiusura delle fabbriche, per i posti di lavoro, i salari o le pensioni, la soluzione sta sempre nell’innalzare i rapporti di forza a un livello superiore rispetto all’avversario di classe. In Francia, questo obiettivo può essere raggiunto solo se anche le confederazioni sindacali vengono scavalcate dai lavoratori e dai loro settori di classe. Il nostro partito si impegnerà al massimo in tutte queste battaglie e per sensibilizzare sul fatto che la causa di tutti i mali risiede nella proprietà privata e nello Stato borghese: questo è l’obiettivo della nostra campagna generale ad ampio spettro “Accusiamo il capitalismo”.
Il lavoro teorico non è forse quello di trovare leggi generali per situazioni particolari del nostro Paese? Credo che oggi abbiamo iniziato questo lavoro sull’importante tema del giorno.
Noi, nei nostri partiti, dobbiamo lavorare molto e meglio nei sindacati, contemporaneamente al nostro lavoro comunista indipendente e distinto all’interno dei luoghi di lavoro e della classe operaia.
Cari compagni dell’ACE,
avete visto che, sebbene le lotte siano state intense in Francia negli ultimi tempi, confermando la spontaneità e la qualifica di Marx ed Engels come “paese classico delle lotte di classe”, non possono essere idealizzate. La soluzione non può essere trovata attraverso il parlamento, il dialogo o il partenariato sociale. Le forze riformiste, che non vogliono cambiare la società, fanno la loro parte nella riconciliazione tra capitale e lavoro. Tuttavia, è sempre nelle lotte contro la borghesia, i suoi partiti e il suo Stato che l’alternativa popolare può trovare la sua strada per porre fine a questo vecchio mondo attraverso una rivoluzione. Nel 1945, ottant’anni fa, il socialismo-comunismo ha salvato l’umanità con la vittoria dell’URSS e la lotta armata della resistenza contro il fascismo. Ogni giorno dimostra quanto la speranza dell’umanità risieda ancora in una nuova società comunista.
Viva l’ACE e il lavoro dei suoi partiti all’interno della classe operaia!