L’incremento della funzione intimidatoria delle forze dell’ordine nei confronti di realtà e soggetti che infastidiscono il padronato o l’amministrazione dello Stato borghese è sotto gli occhi di tutti da qualche anno, da prima dell’insediamento del governo Meloni. Abbiamo assistito a manifestazioni studentesche represse con i manganelli, ad attacchi squadristi contro i lavoratori ignorati deliberatamente dalla polizia, denunce strumentali e intimidatorie contro manifestanti.
A Cosenza questa tendenza ha raggiunto ieri un altro punto di non ritorno, con l’aggressione completamente arbitraria di tre agenti di polizia nei confronti del giornalista d’inchiesta Gabriele Carchidi che, intercettato durante una camminata è stato percosso, immobilizzato e ammanettato per non aver esibito i documenti d’identità. Gabriele Carchidi è un giornalista molto noto nell’ambiente calabrese e cosentino in particolare, autore di molteplici articoli che denunciano la complicità di amministrazioni pubbliche e apparati dello Stato con le attività di sfruttatori, sanità privata e criminalità organizzata. Un arresto di questo tipo, come la stessa richiesta dei documenti, non è giustificabile con nessun elemento relativo all’ordine pubblico, a maggior ragione perché l’aggredito è persona già ben nota nella zona in quanto direttore della sua testata.
La verità è che siamo di fronte a un atto intimidatorio in piena regola, favorito dal clima di tolleranza agli abusi in divisa diffuso dall’esecutivo di centrodestra: ricordiamo la retorica promossa dal governo Meloni sul fatto che gli agenti delle forze dell’ordine non avrebbero ad oggi “mano libera” nell’intervenire per reprimere forme di dissenso sociale o di crimini comuni.
Nell’offrire la nostra solidarietà a Gabriele Carchidi denunciamo ancora una volta la deriva repressiva delle forze dell’ordine, che dimostrano sempre più essere un apparato di difesa e tutela della classe imprenditoriale e politica legata ad essa.