Cari compagni,
a nome dei militanti del Fronte Comunista d’Italia, desidero salutare tutti i partiti che partecipano a questo incontro e, in particolare, ringraziare il Partito Comunista dei Lavoratori di Spagna per averlo organizzato.
Negli ultimi anni l’Italia è stata colpita con crescente frequenza da devastanti inondazioni, spesso provocate da eventi climatici estremi. Questi fenomeni, aggravati dalla totale assenza di efficaci politiche di salvaguardia ambientale, sia a livello locale che nazionale, hanno generato crisi sociali ricorrenti, talvolta negli stessi territori a distanza di pochi mesi.
Basti pensare alle tragedie che hanno colpito le Marche (nel settembre del 2022), la Toscana (nel novembre del 2023 e ancora nel marzo del 2024), l’Emilia-Romagna, travolta da alluvioni nel maggio del 2023 e di nuovo nel settembre del 2024, la Sicilia nell’ottobre del 2024. Dal momento che il 77% del territorio italiano è prevalentemente montuoso e collinare, le inondazioni sono spesso accompagnate da frane e smottamenti che travolgono tutto ciò che incontrano. Oltre alle inondazioni, l’Italia centrale è stata colpita da forti terremoti: Abruzzo nel 2009 e nel 2017, Emilia-Romagna nel 2012, Lazio e altre regioni nel 2016. Questi eventi, come il crollo della Casa dello Studente a L’Aquila o la totale distruzione di interi paesi nell’Italia centrale, anno causato numerose vittime e hanno lasciato profonde ferite ancora aperte nella memoria popolare collettiva.
Il conflitto tra il modo di produzione capitalistico predatorio e la natura continua a minacciare la classe operaia e le masse popolari anche in altri modi. L’industria edile o, più precisamente, la speculazione edilizia, a Napoli e in altre aree dell’Italia meridionale interessate da bradisismo e da attività vulcanica, è un esempio di come, in regime di capitalismo, il profitto sia più importante delle vite umane. Come a L’Aquila gli speculatori edilizi hanno costruito in un’area che insiste su una linea di faglia, a Napoli interi quartieri popolari ad alta densità abitativa destinati a fasce sociali a basso reddito sono stati costruiti nei Campi Flegrei, sul più grande vulcano attivo d’Europa. Oggi, quando questo vulcano mostra preoccupanti segni di attività, si scopre che non esiste, né potrebbe esistere, un piano di evacuazione della popolazione. In quell’area, semplicemente non si sarebbe dovuto costruire alcun edificio. Un altro progetto pericoloso e costoso, utile solo per i costruttori e la cui realizzazione sta per essere avviata, è il ponte sullo Stretto di Messina, un’area con forti correnti marine, frequenti terremoti e interessata da movimenti sismici che allontanano le due sponde.
Negli ultimi anni, le inondazioni si sono dimostrate eventi particolarmente drammatici per la loro frequenza, l’impatto immediato e l’entità della devastazione. Questi fenomeni hanno causato numerose vittime, dispersi e un enorme numero di evacuati, senza contare i danni materiali che ammontano a milioni di Euro. L’assenza di pianificazione territoriale ha lasciato fiumi e corsi d’acqua privi delle necessarie opere di contenimento, favorendo il cedimento degli argini e le conseguenti esondazioni. Come volontari impegnati nei soccorsi, i nostri compagni hanno potuto toccare con mano la gravità della situazione. Intere famiglie sono state costrette a rifugiarsi in accampamenti improvvisati in precarie condizioni sanitarie, con il rischio concreto di diffusione di malattie infettive. Nel 2023, in Emilia-Romagna, si è reso necessario un piano vaccinale di emergenza, ma questo fu organizzato con mezzi insufficienti, causando lunghe attese e spostamenti da un ospedale all’atro per migliaia di persone. A pagare le spese sono sempre gli strati popolari. La sempre maggiore frequenza di eventi climatici estremi come le inondazioni, la siccità e le frane è un segnale chiaro della crisi ambientale globale, che è conseguenza diretta dell’inquinamento, del riscaldamento globale e del cambiamento climatico determinati dal modo di produzione capitalistico; un modo di produzione che, in nome del profitto, genera distruzione e morte per i popoli. La barbarie e la putrescenza del capitalismo si vedono chiaramente nell’impossibilità di coniugare l’insaziabile fame di profitto con la tutela della vita delle persone e dei territori in cui vivono.
Affermiamo con decisione che non si tratta di tragiche fatalità. Se da un lato è innegabile che il modo di produzione attuale contribuisca al cambiamento climatico e, quindi, all’aumento di fenomeni atmosferici estremi, dall’altro lato è inaccettabile ridurre l’instabilità idrogeologica e le emergenze sociali che ne derivano a mere conseguenze “naturali” del riscaldamento globale.
Le aree che negli ultimi anni sono state interessate da alluvioni presentano già da tempo note caratteristiche di vulnerabilità idrogeologica. Le comunità che abitano questi territori si sono ritrovate più volte ad affrontare situazioni drammatiche e, tuttavia, continua a mancare un impegno concreto in termini di investimenti nel monitoraggio e la messa in sicurezza dei corsi d’acqua e delle zone a rischio. Anche in presenza di allerte meteo anticipate, le autorità non attivano veri e propri piani di evacuazione efficaci, lasciando le popolazioni esposte e impreparate. Questi disastri sono frutto anche del consumo irrazionale di suolo all’insegna della speculazione edilizia e della cementificazione selvaggia, persino nei pressi di fiumi che hanno una storia di esondazioni. Gli eventi meteorologici classificati come “eccezionali” si manifestano ormai con una frequenza preoccupante, rendendo palese la profondità della crisi climatica che stiamo attraversando. In questo contesto, in assenza di politiche che forniscano risorse concrete, strutture adeguate e protocolli di emergenza tempestivi e ben rodati per la prevenzione delle emergenze e la messa in sicurezza dei territori, dire semplicemente alle persone di lasciare la propria casa o di spostarsi nei piani alti equivale ad abbandonarle al loro destino. La decisione di impiegare un vasto contingente di personale della Protezione Civile per assicurare lo svolgimento del concerto di Bruce Springsteen a Ferrara durante l’alluvione del maggio 2023 in Emilia-Romagna, invece di destinarlo alle aree devastate, è emblematica dello scandaloso atteggiamento delle autorità borghesi centrali e locali.
Le responsabilità devono essere denunciate a gran voce, per respingere questo modo di produzione e la sua gestione. Condanniamo senza appello il continuo rimpallo di responsabilità tra il governo centrale e le autorità locali, un gioco cinico a danno della popolazione. Denunciamo le manovre propagandistiche dei partiti di centro-destra e centro-sinistra, che strumentalizzano le catastrofi naturali per ottenere consenso per i loro interessi politici. Le dichiarazioni di esponenti del governo, come il ministro Musumeci, che attribuisce queste catastrofi a presunte “carenze culturali” o descrive questi fenomeni come “irreversibili“, rivelano la volontà di nasconderne le vere cause. Nessun impegno per cambiare davvero le cose, nessuna volontà di affrontare le cause strutturali di queste emergenze.
Ancora più vergognoso è il triste spettacolo offerto da presidenti di regione e rappresentanti del centro-sinistra che si accusano a vicenda davanti all’opinione pubblica, nel tentativo disperato di scrollarsi di dosso le responsabilità per i disastri. Ma la verità è sotto gli occhi di tutti: la politica borghese ha fallito su tutta la linea. Le stesse tragedie si ripetono a distanza di pochi mesi e la sofferenza di migliaia di persone viene ridotta a un mero argomento da campagna elettorale. L’assenza di misure preventive e la riproposizione delle stesse politiche sbagliate sono la prova che questo sistema economico e politico è incapace di di rispondere alle necessità concrete delle masse popolari. Gli argini rotti non sono solo quelli dei fiumi, ma anche quelli di un sistema putrescente che dimostra in modo lampante che il profitto privato della minoranza è incompatibile con i bisogni dei lavoratori e degli strati popolari, ossia della maggioranza della società.
Se da un lato regioni e comuni detengono la responsabilità diretta della gestione e del monitoraggio del territorio, è altrettanto evidente che i governi centrali – quello attuale e quelli che lo hanno preceduto – hanno scelto di sottrarre risorse alla spesa sociale per destinarle al finanziamento dell’apparato bellico e per inviare ingenti aiuti al regime fascista ucraino. In un paese in cui interi territori crollano sotto il peso delle calamità naturali e di infrastrutture fatiscenti, lo Stato borghese preferisce aumentare i fondi destinati alla guerra piuttosto che investire nella sicurezza delle persone.
Nel solo 2024, la spesa militare ha superato i 29 miliardi di Euro, registrando un aumento del 5,1% sull’anno precedente e del 12,5% sul 2021. Con il consenso del governo, del Presidente Mattarella e di quasi tutti i partiti borghesi, in palese violazione della sua costituzione, l’Italia viene coinvolta in modo sempre più diretto in un conflitto imperialista che non ha nulla a che vedere con gli interessi delle masse popolari. Più tagli alla spesa sociale, ma nessun limite all’aumento della spesa militare, che viene esentata dai vincoli del Patto di stabilità dell’UE. La guerra imperialista deve continuare. Ai capitalisti non interessano le vite umane davanti alla prospettiva di enormi profitti. È questa l’idea di stabilità condivisa dai monopoli della lobby del settore industriale e dai loro lacchè in seno alle istituzioni dell’UE. È questa la strada intrapresa anche dal governo italiano e da quelli che lo hanno preceduto, indipendentemente dal loro colore: ulteriori tagli selvaggi a sanità, istruzione, sicurezza ambientale, prevenzione dei disastri naturali e gestione dei soccorsi, nonché ad altri servizi e infrastrutture necessari per il soddisfacimento dei bisogni del proletariato, a fronte di enormi investimenti in armamenti. Il prezzo di questa strategia scellerata viene pagato ogni giorno dagli strati popolari, in particolare da coloro che vivono nelle aree più vulnerabili, costretti a fronteggiare catastrofi che avrebbero potuto essere prevenute. È uno scambio criminale: soldi per le armi in cambio di miseria, distruzione e morte. In questo scenario già di per sé drammatico, la legge sull’Autonomia differenziata, approvata di recente dal parlamento italiano, renderà più ampio il divario fra le regioni attraverso una politica antipopolare per l’allocazione delle risorse che favorirà le regioni più ricche, considerate più attraenti per i monopoli capitalistici, a scapito di quelle più povere e del loro maggiore bisogno di investimenti.
Dobbiamo affermare con la massima chiarezza che la stessa inadeguatezza dimostrata dallo Stato borghese durante la pandemia si riscontra quotidianamente nel trasporto ferroviario, dove la carenza di personale addetto alla manutenzione di treni e binari, nonché l’assenza di investimenti in ammodernamento tecnologico, è non solo causa di continui ritardi e disagi per le persone, ma rende viaggiare in treno molto pericoloso sia per i passeggeri che per i lavoratori delle ferrovie. L’aumento degli incidenti ferroviari è un esempio lampante di questa situazione. Le infrastrutture stradali del Paese sono in uno stato ancora peggiore. La privatizzazione della rete autostradale ha permesso al capitale di realizzare enormi profitti senza che lo stato controllasse la manutenzione delle infrastrutture, che ovviamente le aziende private non hanno effettuato. Questo atteggiamento criminale dello Stato borghese e delle aziende responsabili per la gestione della rete ha portato alla tragedia del crollo del ponte Morandi a Genova, con 46 vittime e l’evacuazione di un intero quartiere. Quasi tutti i numerosi ponti della rete autostradale, e buona parte delle gallerie, sono a rischio di crollo. L’obsolescenza e l’assenza di manutenzione interessano la maggior parte delle infrastrutture dei trasporti, ma anche quelle destinate allo stoccaggio di materiali infiammabili o tossici, mettendo a grave rischio la popolazione e i lavoratori interessati.
Nel momento in cui migliaia di famiglie perdono la casa e il lavoro, mentre il loro tenore di vita materiale peggiora costantemente a causa sia della crisi capitalista che dei rapporti di forza sfavorevoli, i governi borghesi continuano a stanziare milioni per il finanziamento della guerra e alla produzione di armi. È per questo che rivendichiamo con forza l’immediato reindirizzamento delle risorse pubbliche oggi impiegate per l’invio all’estero di armamenti e contingenti militari verso il sostegno concreto delle persone colpite dai disastri naturali, la ricostruzione delle abitazioni, la bonifica delle aree a rischio e l’implementazione di interventi strutturali che impediscano il ripetersi di tragedie simili. Più in generale, rivendichiamo l’utilizzo di queste risorse pubbliche per la soddisfazione dei bisogni del proletariato e il benessere delle persone.
In presenza di condizioni meteorologiche pericolose per i lavoratori, la loro sicurezza e la loro salute, rivendichiamo la sospensione di tutte le attività produttive senza alcun pregiudizio per i salari fino al ripristino di una situazione di sicurezza, affinché i lavoratori non siano costretti a scegliere tra la loro sicurezza e la necessità di lavorare.
La nostra solidarietà verso le comunità colpite, dalle Marche all’Emilia-Romagna a tutte le aree devastate dalle calamità naturali, non è stata solo a parole. I nostri compagni hanno sostenuto in prima persona i lavoratori, i vigili del fuoco e i tanti volontari che si sono mobilitati per aiutare chi aveva perso tutto, salvando vite umane e garantendo un minimo di assistenza in situazioni altrimenti lasciate al totale abbandono. In molte circostanze questi interventi hanno compensato l’assenza dello Stato borghese. Da comunisti riteniamo che la solidarietà debba essere concreta, visibile e operativa: esserci nei momenti di bisogno, affiancare la popolazione e dare un contributo reale nei territori devastati dalle scelte criminali del potere borghese.
Ma la sola solidarietà non basta. Occorre anche denunciare con forza le responsabilità politiche e istituzionali di coloro che, in un intreccio tra politica e affari, sono complici del capitale privato che estrae profitto dai disastri, trasformando la ricostruzione in un’opportunità di speculazione e sfruttamento. Se non si rovescia il sistema capitalistico, anche la solidarietà più sincera e massiccia rischia di essere vanificata, relegando nella logica della “gestione emergenziale” eventi che sono il risultato prevedibile del modo di produzione in cui viviamo.
Grazie alla partecipazione attiva alle operazioni di soccorso nelle aree alluvionate e al supporto concreto attraverso aiuti materiali alle comunità colpite, il nostro Partito, insieme al Fronte della Gioventù Comunista, ha reso la solidarietà popolare una realtà, facendo conoscere alle popolazioni coinvolte le nostre parole d’ordine irriducibili ai piani dei governi e dei partiti borghesi.
Viva la solidarietà proletaria!
Solo il popolo può salvare il popolo!