Ieri, 8 maggio, il Fronte Comunista, insieme con Fronte della Gioventù Comunista Calabria, Usb Calabria, i lavoratori precari della sanità, il collettivo Ci Siamo Rotte i Tabù e altre formazioni politiche come Pap Calabria e Prc Calabria è riuscito a riportare in una piazza calabrese un concetto fondamentale per comprendere l’andamento della crisi post-Covid e le sue ripercussioni. Si è parlato finalmente, nella piazza antistante il palazzo della Regione Calabria, del conflitto di classe latente che anima il territorio calabrese e della necessità di una opposizione non meramente civica o elettoralistica ma di classe e strutturale, che sia interna ai luoghi di produzione.
Questo è tanto più necessario in quanto la Calabria è una regione dove l’aziendalismo nella Pubblica Amministrazione e nel sistema sanitario ha mostrato i suoi lati più dannosi e alienanti, spesso effetti di una volontà di smantellamento del pubblico perpetrata da interessi privati e da vincoli di spesa nazionali e regionali che favoriscono solo i grossi capitali. In piazza c’erano, ad esempio, tirocinanti della PA, da anni lavoratori senza neanche un contratto subordinato e gli operatori sanitari assunti tramite contratti a progetto che non danno loro neanche diritto alla malattia retribuita. Tra le vicende più clamorose della regione, la richiesta di risarcimento delle indennità ai medici precari del 118 di Catanzaro, figure anche in questo caso non assunte ma convenzionate con le Asp, risarcimento di somme pattuite da accordi sindacali precedenti poi giudicati male applicati e che costringeranno i protagonisti a restituire dai 60.000 ai 130.000 euro a persona.
In piazza c’erano anche precari dell’istruzione, disoccupati che hanno vissuto l’esperienza dell’essere assunti tramite false cooperative in modalità di prestazione di manodopera e lavoratori che hanno subito il ricatto dei contratti a termine nelle grandi catene commerciali. Ricordiamo che uno dei settori fondamentali per l’occupazione calabrese, quello stagionale degli alloggi e della ristorazione, risulta essere per l’ispettorato del lavoro quello con maggiori irregolarità, con il 73% di abusi nelle realtà controllate. Quale soluzione offre un percorso meramente parlamentare ad un settore che, per via della debolezza negoziale della classe lavoratrice, si sente legittimato e non rispettare neanche le leggi in vigore?
Il valore della giornata di mobilitazione è coinciso, soprattutto, nella necessità, riconosciuta da tutte le formazioni presenti, di una piattaforma di lotta comune che faccia da catalizzatrice di una lotta radicata e strutturale fra i precari, gli studenti e i disoccupati da un lato e il padronato privato e innestato nei gangli delle strutture pubbliche dall’altro. Espressioni come “opposizione di classe”, “esproprio delle cliniche private”, “abolizione totale dei contratti precari” e “unità della classe lavoratrice” sono risuonate all’interno di una scenografia costruita per simboleggiare – con una bara di cartone al centro e pannelli con le facce dei maggiori padroni calabresi e italiani – la morte della Calabria e i visi dei suoi assassini. La ricostruzione e la rinascita potranno avvenire, come inneggiavano i cori delle organizzazioni alla fine di ogni intervento, non affidandoci alle attuali istituzioni ma lottando perché il potere sia di chi lavora.
L’abolizione dei vincoli di bilancio per investire in sanità e nei servizi fondamentali, l’abolizione del piano di rientro sanitario, il controllo pubblico popolare sulla gestione sanitaria, un piano di investimenti per la piena occupazione e un reddito garantito in fase di emergenza a tutti i lavoratori in crisi sono le rivendicazioni principali della nascente piattaforma che dovrà affrontare, nei prossimi mesi, il difficile compito di radicarsi sempre di più fra le masse lavoratrici e trasmettere le istanze di unità e della solidarietà di classe.