Stamattina una folta rappresentanza di quelle centinaia di operatori sanitari precari che sostengono gli ospedali della regione Calabria ha invaso la piazza antistante il palazzo dell’esecutivo regionale per chiedere un tavolo tecnico al nuovo presidente Occhiuto. Né il governo nazionale né quello regionale hanno indicato soluzioni reali al dramma sanitario che vede la regione in piano di rientro da 11 anni, con 4000 unità lavorative in meno rispetto a prima dei tagli dovuti al commissariamento. Un commissariamento che, paradossalmente, mentre ha tagliato sulle strutture pubbliche ha però incrementato la spesa totale per delegare il servizio sanitario sempre più ad appaltatori esterni e cliniche private, protagoniste di truffe sui rimborsi e fatture fatte pagare due volte alle aziende sanitarie locali.
La situazione odierna vede un esercito di medici, infermieri e Oss con contratti a tempo determinato, o assunti durante l’emergenza oppure con gli scandalosi contratti Co.co.co, molti dei quali rischiano di non vedere prorogati i loro contratti dopo il 31 dicembre, nonostante la loro professionalità sia fondamentale in un sistema al collasso come quello calabrese. Nonostante esista ora un decreto che dà facoltà alle aziende sanitarie di stabilizzare i “precari Covid”, infatti, ogni regione deve sottostare ai propri vincoli assunzionali e di bilancio, e ciò vale in particolare per le regioni in piano di rientro come la Calabria. Un piano di rientro, è bene ricordarlo, frutto da un lato dei tagli al fondo sanitario nazionale e, dall’altro, dell’allocazione personalistica e privatistica dei pochi fondi disponibili a livello locale.
Usb e NursingUp, organizzatori della manifestazione di stamattina, hanno chiesto perlomeno la sicurezza di una delibera che imponga la proroga di un anno dei contratti precari. La risposta del presidente Occhiuto è stata, ad oggi, disarmante: dopo aver evitato di confrontarsi personalmente con i lavoratori in mobilitazione sotto la pioggia davanti agli uffici della Regione, ha dato mandato di riferire di “inviare una PEC con i dettagli della problematica”. Lo staff del presidente, inoltre, prima di concedere l’incontro, ha ritenuto necessario contattare i precedenti dirigenti dell’azienda sanitaria di Catanzaro per avere contezza della questione: non un biglietto da visita incoraggiante per chi ha fondato la sua campagna elettorale sulla necessità di trovare “soluzioni” allo smantellamento del sistema sanitario calabrese.
La pressione dei sindacati è riuscita a ottenere, infine, un incontro ufficiale fissato per il 16 dicembre, una data pericolosamente tarda rispetto allo stato emergenziale in cui la regione si trova e che richiederà tutto lo sforzo militante dei lavoratori per organizzare una piazza che metta alle strette il governo regionale.
In un momento storico in cui, dopo una pandemia globale, il governo nazionale scrive una legge di bilancio dove la spesa sanitaria sul Pil è prevista scendere entro il 2024, in cui il governo nazionale ignora totalmente il disastro provocato dalla regionalizzazione e l’aziendalizzazione del sistema sanitario, l’unica soluzione per conquistare il diritto ad una sanità pubblica, di qualità, che offra un lavoro di qualità a chi viene in maniera ipocrita chiamato “eroe” quando è richiesto un sacrificio che non dovrebbe sopportare a certi livelli è la mobilitazione generale delle classi popolari che pagano le conseguenze della distruzione della sanità pubblica e della delega dei servizi a chi con le cure ci deve fare profitto.