La demonizzazione del conflitto sociale, sempre più accentuata, sempre più legittimata dagli organi di stampa e da ogni esponente della politica nazionale e locale, sembra essere ormai il tratto distintivo dell’approccio di istituzioni e forze dell’ordine ai problemi dei lavoratori, dei disoccupati, delle periferie.
Lo si è visto con le ripetute cariche della polizia sugli operai in sciopero negli stabilimenti della logistica e della grande distribuzione al nord Italia, come all’Unes di Vimodrone, lo si è visto con lo sgombero dei licei occupati a Roma, con la connivenza delle forze dell’ordine e delle guardie private contro gli operai Textprint e TNT-Fedex nei mesi scorsi, episodi simili a quelli che hanno condotto all’“incidente” che ha causato la morte del sindacalista Adil Belakhdim. Lo si vede con l’esistenza dei decreti Sicurezza promulgati durante il governo Conte 1 le cui misure più repressive a antioperaie sono ancora in vigore. Lo si è visto, ancora, con le violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, con il lancio di fumogeni ad altezza uomo alla Tnt di Piacenza a febbraio, con il caso di brutalità poliziesca avvenuto a Milano contro alcuni ragazzi di colore a giugno.
L’atteggiamento repressivo delle questure verso chi ha la “colpa” di opporsi all’ipocrisia di istituzioni comunali, regionali e statali che percepiscono il disagio sociale soltanto come un problema di ordine pubblico ha avuto, negli ultimi mesi, una pericolosa escalation in Calabria, dove già lo scorso anno si erano verificati episodi di indagini a carico di militanti colpevoli di aver effettuato dei semplici volantinaggi senza aver avvisato la questura locale o sanzioni collettive verso lavoratori che contestavano la gestione privatistica e aziendalistica della sanità (sanzioni comminate, arbitrariamente, persino a chi non era presente durante gli episodi dei presunti illeciti).
Negli ultimi giorni alcuni ragazzi del Comitato Piazza Piccola di Cosenza hanno ricevuto pesanti multe per via di una “manifestazione non autorizzata” svoltasi il 29 luglio scorso: si trattava, in realtà, di una passeggiata illustrativa pacifica organizzata per documentare lo stato di abbandono e l’emergenza edilizia del centro del capoluogo calabrese. Due giorni fa, invece, Jessica e Simone, due studenti universitari attivi da tempo nell’impegno civico, hanno ricevuto un avviso di richiesta di sorveglianza speciale da parte della questura di Cosenza. Quest’ultimo caso ha del clamoroso ed esemplifica la volontà di nascondere sotto la retorica dell’ordine sociale quella violenza di classe che da anni è in ascesa da parte di speculatori, parassiti, palazzinari, sfruttatori e borghesia locale verso lavoratori e classi popolari. Jessica e Simone non sono stati presi di mira per un episodio specifico: «tale prescrizione sarebbe idonea a limitare i loro spostamenti e a contenere il loro carattere eversivo e ribelle […]», si legge nella documentazione della questura. Ad essi si aggiunge la simile vicenda di Francesco, colpito dalla sorveglianza speciale qualche tempo fa.
La vicenda di questi ragazzi, stimati da tutto l’ambiente cittadino e vittime di repressione di Stato solo per aver combattuto, per anni, per il diritto all’abitare di lavoratori, disoccupati e migranti, per i diritti delle donne, per la sanità pubblica e per aver, evidentemente, reso palese la responsabilità di personalità legate ai business locali, è chiaramente un avvertimento lanciato dall’apparato repressivo dello Stato borghese, la cui violenza di classe è legittimata attraverso istituzioni composte prevalentemente da soggetti contigui e legati a determinati interessi economici.
E a questi segnali dobbiamo rispondere unendo nella contestazione le forze dei settori popolari, del precariato, degli operai, dei lavoratori tutti, degli studenti, dei pensionati, dei migranti, dei disoccupati, di chiunque oggi ha l’interesse materiale a rovesciare il tavolo, specialmente in una regione dove si muore o si vive a stento per via di un commissariamento sanitario illegittimo, per la graduale privatizzazione della sanità stessa e degli altri servizi, per uno sfruttamento atavico del lavoro stagionale, per la collusione fra politica imprenditoria parassitaria.
Per questo invitiamo tutti ad aderire all’invito a discutere dell’accaduto e delle iniziative future in un incontro pubblico, che si terrà a Cosenza presso il Teatro dell’Acquario, Sabato 18 Dicembre alle ore 17.