Per il secondo anno di fila le questure calabresi si distinguono per l’utilizzo espressamente repressivo e pretestuoso delle normative Covid. In una terra dove ogni estate migliaia di lavoratori stagionali lavorano senza contratti regolari e in assenza di misure di sicurezza, con ispettorato del lavoro e forze dell’ordine totalmente indifferenti al tema, in una regione dove la sanità privata fagocita ogni anno denaro pubblico in maniera spesso illecita, in dei luoghi dove mafia e imprenditoria sono un binomio spesso inscindibile e all’avanguardia nel riciclaggio di capitali sulla pelle di dipendenti intimoriti e sfruttati, la macchina statale diviene improvvisamente efficiente quando c’è da lanciare “avvertimenti” a quella sparuta parte di popolazione che cerca di portare avanti le lotte sociali fondamentali.
Se già lo scorso anno decine di lavoratori e militanti sindacali erano stati colpiti da multe dell’ammontare di centinaia di euro per aver effettuato un corteo nei pressi del palazzo della Regione per chiedere un incontro al Ministero della Salute, quest’anno la stessa sorte è toccata a tutti i manifestanti del No Draghi Day, svoltosi a Cosenza il 4 dicembre. Il pretesto per le infrazioni contestate, facilmente verificabile nella sua vacuità osservando video e foto dell’evento, è stato il mancato rispetto della distanza sociale di un metro prevista dalle normative. Viene da chiedersi come mai la “clemenza” mostrata dalla questura cosentina nei confronti delle migliaia di persone che, nello stesso momento, affollavano a pochi metri di distanza il corso cittadino, impegnate negli acquisti natalizi, non sia stata mostrata a dei militanti e dei lavoratori che cercavano di sensibilizzare la popolazione sui responsabili materiali e politici della povertà e della precarietà atavica che si trova in Calabria.
Questi attacchi sono, inoltre, gli ultimi di una lunga scia di accanimento nei confronti delle lotte, soprattutto nella città di Cosenza: solo poche settimane fa abbiamo riportato la notizia di Jessica e Simone, due studenti universitari, che hanno ricevuto un avviso di richiesta di sorveglianza speciale da parte della questura di Cosenza, avviso motivato solo dal loro “temperamento ribelle” (mentre alla stessa misura è già sottoposto Francesco, che svolge quotidianamente attività di sensibilizzazione sociale nella città). Infine, ricordiamo come alcuni ragazzi del Comitato Piazza Piccola di Cosenza abbiano di recente ricevuto pesanti multe per via di una “manifestazione non autorizzata” svoltasi il 29 luglio scorso, mentre si trattava in realtà di una passeggiata illustrativa pacifica organizzata per documentare lo stato di abbandono e l’emergenza edilizia della città.
Le forze dell’ordine si confermano dunque protagoniste di una grave e persistente attività di repressione del dissenso, nello stesso momento in cui qualsiasi rischio alla persona è tollerato (sia dentro che fuori dai luoghi di lavoro) nel momento in cui sono in ballo i profitti del padronato locale piccolo e grande.