Abbiamo partecipato alla “marcia popolare contro la guerra” organizzata nel pomeriggio di sabato scorso, insieme ad alcune centinaia di persone giunte da varie parti della Sardegna. Un corteo che ha visto il coinvolgimento di diverse sigle politiche e sindacali, con in testa il fronte antimilitarista sardo (A Foras), e che ha sfilato per le vie di Decimomannu (CA) fino a giungere ai cancelli dell’aeroporto militare NATO. Si è trattata di un’azione di protesta e di denuncia contro i piani guerrafondai del governo italiano, nata dall’assemblea generale tenutasi a Bauladu (OR) il 13 Marzo.
La lotta popolare contro le servitù militari in terra sarda parte da lontano e ha origine nella consapevolezza di come questa occupazione spropositata di territorio (oltre 35.000 ettari, che costituiscono il 60% del totale nazionale) nasca dalla destinazione d’uso che l’imperialismo ha assegnato alla Sardegna, relegata ad essere la palestra in cui si esercitano le forze armate dell’alleanza atlantica e in cui vengono testate e prodotte bombe (nello specifico la RWM di Domusnovas) destinate a territori di guerra in cui l’Italia è direttamente o indirettamente coinvolta.
Se il prezzo pagato è salatissimo, in termini di rischi per la salute e di devastazione ambientale, questo non risulta tuttora un fattore determinante per una mobilitazione generale delle masse, in linea con il dato di scarsa attivazione riscontrabile anche nel resto del paese. L’asservimento del territorio alle prove di guerra non può che continuare ad acuire le diseguaglianze sociali esistenti e il fenomeno di spopolamento di vaste aree dell’isola.
Siamo certi che la lotta contro le basi NATO sia intrinsecamente connessa alla lotta della classe lavoratrice contro il capitalismo: per questo motivo, oggi più che mai, sentiamo la necessità di costruire una forte opposizione di classe alla guerra imperialista, ai grandi monopoli che da essa traggono profitto, alle politiche guerrafondaie e antipopolari del governo.
Su questi presupposti è necessario alimentare il fronte antimilitarista esistente, quale strumento di contrasto all’imperialismo di casa nostra, premendo sulla consapevolezza comune che la guerra da qui parte e qui va fermata. Dare nuova linfa a questa lotta, per i comunisti, significa quindi concentrare i propri sforzi nel favorire il protagonismo della classe lavoratrice in questi processi, a cominciare dai luoghi del lavoro e dai quartieri popolari, fianco a fianco con le forze sindacali più combattive e inserite nei contesti direttamente interessati, come i principali porti ed aeroporti da dove partono armi e mezzi destinati alla guerra.
LA GUERRA IMPERIALISTA PARTE DA QUI: FERMIAMOLA!