Qualche giorno fa è stata riportata dall’intera stampa locale una rilevazione del Sole 24 Ore secondo la quale il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto risulterebbe essere tra i più amati presidenti d’Italia (il quinto, in ordine di gradimento). È indicativo di come proprio il quotidiano controllato da Confindustria abbia il coraggio di pubblicare simili “sondaggi”. Sondaggi che, beninteso, sono veri. Ma lo sono evidentemente solo per i settori della società calabrese rappresentati da questa giunta regionale, che porta coerentemente avanti i valori della sua classe di riferimento, e per la quale il Sole la maggior parte delle volte scrive. Mentre per aziende, imprenditori turistici e consorterie varie che l’hanno portata al potere l’operato della giunta di Occhiuto -in quota Forza Italia, imprenditore nel settore vitivinicolo e in quello dell’editoria e legato politicamente alla vecchia giunta di Giuseppe Scopelliti (quella che ha chiuso 15 ospedali inaugurando il piano di rientro sanitario)- risulta essere più che soddisfacente, lo stesso non dicono gli strati popolari. Per loro, il governatore di centrodestra ha disatteso qualsiasi promessa elettorale: dagli impegni per le stabilizzazioni a quelli inerenti al potenziamento dei depuratori, dalla viabilità al ripristino della rete idrica (con la conseguente carenza d’acqua che attanaglia la nostra regione , specie in estate). Per quanto riguarda le esigenze dei lavoratori e dei soggetti fragili, la sua azione politica è caratterizzata da un immobilismo cronico, con elementi dei quali si è persa ogni traccia, come i tanto sbandierati piano sanitario e riassetto della gestione boschiva. Spesso l’attività di Occhiuto si è limitata ad annunci roboanti circa potenziali stanziamenti regionali o ministeriali che, puntualmente, non sono poi stati corrisposti (com’è noto, ad esempio, non è stata finanziata l’elettrificazione della Ferrovia Jonica e i milioni promessi per il rifacimento della statale 106 si sono ridotti alla metà). Provocatoriamente, si potrebbe fare notare che un esecutivo regionale sorto da un’elezione alla quale ha partecipato non più del 44% degli aventi diritto è, per definizione, già sfiduciato da una comunità la cui maggioranza non riesce a organizzarsi in una vera alternativa sociale. Ma andiamo con ordine.
SANITÀ
Oltre alla già citata inesistenza, se non negli annunci, di un reale piano sanitario (che, inoltre, si limitava a certificare il declassamento definitivo di molti ospedali non più funzionanti a “case della salute”, che tra l’altro difficilmente vedranno luce), Occhiuto, che è anche commissario ad acta per la sanità, ha continuato a non voler affrontare i due mali atavici della sanità calabrese, che sono il piano di rientro – uno strumento che non fa altro che scaricare sugli strati popolari il costo dell’equilibrio di bilancio degli enti pubblici e gli sprechi della politica padronale – e la delega di molti servizi alla medicina privata, vero buco nero in cui i fondi pubblici vanno a finire. In questi ambiti, tutto è tristemente rimasto come prima, ovvero è peggiorato come solo può fare una sanità dalla quale ogni anno si deve tagliare un servizio al pubblico per far quadrare i conti. Nelle ultime settimane Occhiuto ha citato un Piano Programmatico Triennale prossimo all’approvazione con ben 145 milioni di euro “risparmiati” dal SSR, come se ciò fosse un elemento virtuoso a prescindere. Il problema è che parte del debito è stato risanato utilizzando impropriamente i fondi Covid per tutto il 2020. Un secondo problema è che la Calabria è stata l’unica regione d’Italia che nel 2020, in piena emergenza Covid, non ha aumentato la dotazione di organico. Un terzo problema sono i 1800 precari tra gli operatori sanitari e il fatto che la Calabria sia unica regione a non aver erogato i premi Covid ai lavoratori della sanità. Questi precari non sono stati stabilizzati anche perché Occhiuto non ha fornito i criteri di priorità per la stabilizzazione in modo da poter implementare ciò che è scritto nel Milleproroghe. Non stabilizzare questi lavoratori, insieme all’assenza cronica di concorsi pubblici, creerebbe un ennesimo vuoto di personale negli ospedali della regione. Molti di questi precari, d’altronde, sono anche idonei da concorso e quindi pronti per essere assunti ma, evidentemente, alla politica locale conviene più conservare un bacino di lavoratori ricattabili in ottica elettorale. Su tutto questo il governo regionale sembra soprassedere. Nessuno sforzo politico è stato fatto per spingere il governo nazionale a superare il cappio al collo del piano di rientro sanitario e tutto ciò nonostante la qualità del servizio continui ogni giorno a deteriorarsi e non sia neanche all’orizzonte il recupero dell’organico perso in più di 10 anni di commissariamento (quasi 5000 unità di personale in meno).
LAVORO
Lo schema utilizzato dalla giunta Occhiuto è lo stesso delle precedenti giunte (e del governo nazionale, a dire il vero): dare soldi ai padroni senza porre come condizione per l’erogazione degli aiuti non tanto un aumento delle tutele ai lavoratori (sappiamo che non sarebbe neppure concepibile un concetto del genere da questa amministrazione), ma neppure il rispetto effettivo dei CCNL. I 35 milioni stanziati a febbraio 2022 dalla Regione sotto forma di contributo in conto capitale (a fondo perduto) sono l’ultimo esempio di una carrellata di sgravi e sussidi al padronato locale che, d’altronde, si trova in piena libertà di sfruttare in ogni settore la stragrande maggioranza dei calabresi. Difficile attendersi di meglio da un’istituzione che continua essa stessa, con la triste vicenda dei tirocinanti della Pubblica Amministrazione, ad agire come un colossale caporale che ricatta la forza lavoro. Un sondaggio interno ai tanti gruppi di coordinamento tra lavoratori stagionali in Calabria rivela che il 64% dei lavoratori lavora più ore di quelle dichiarate in contratto, e che il 20% ha subito un infortunio senza essere assicurato. La Regione Calabria, che pure avrebbe competenza sulla sicurezza sul lavoro, nulla ritiene di dover fare per mitigare questa situazione, come nulla ha fatto la giunta per creare pressione politico-istituzionale in tal senso o assecondare i sindacati conflittuali nella richiesta di maggiori tutele, controlli e rispetto dei contratti nazionali (Occhiuto ha spesso dichiarato, anzi, di non ritenere legittime le rimostranze di chi manifesta in piazza il proprio disagio, mostrando quanto terrore nutra la sua amministrazione verso ogni focolaio di malcontento reale della classe lavoratrice).
TRASPORTI
Tra gli ultimi annunci di Occhiuto vi sono i 24 autobus che faranno parte del piano di rinnovo della flotta avviata da Ferrovie della Calabria. I mezzi sarebbero stati acquistati grazie ad un cofinanziamento da parte della società di trasporto pubblico locale e della Regione, che ha contribuito con un finanziamento pari al 60% sui 5 milioni complessivi investiti. Si tratta della classica goccia nell’oceano. In Calabria la carenza di trasporto pubblico si lega anch’essa, da un lato, a storiche mancanze nel finanziamento pubblico del settore e, dall’altro, all’aver lasciato ai privati il potere di decidere chi deve beneficiare nel servizio e chi no. Le compagnie private operanti su gomma che sopperiscono ai deficit del trasporto pubblico regionale sono rappresentate da almeno 6 società consortili, che racchiudono 28 aziende di trasporto pubblico locale. Esse ricevono lo stesso trattamento della linea ferroviaria regionale in quanto a contributi pubblici. Per produrre un utile, perciò, scaricano i costi sul trattamento economico dei propri dipendenti, che non godono dello stesso inquadramento contrattuale dei loro colleghi di Trenitalia. I rapporti di forza, in questo caso, sono decisamente a sfavore dei lavoratori, anche perché il fatto di non essere assunti tramite concorso pubblico ma attraverso preferenze personali, spesso connesse a indicazioni provenienti da ambienti della politica locale, pone il lavoratore sotto il giogo dell’affiliazione clientelare e indebolisce la coscienza di classe. La delega del servizio di trasporto pubblico alle imprese private è un modo, insomma, di legalizzare il personalismo e la pressione clientelistica perseguiti nei concorsi pubblici. La situazione appena descritta è emblematica di come funziona la PA in Calabria in generale, ma si rivela particolarmente pesante nell’ambito dei trasporti perché in questo caso lo spezzettamento e la disorganicità tipica degli appalti ai privati si fa sentire maggiormente sulla qualità del servizio. Su tutto ciò, l’amministrazione Occhiuto non ha aperto bocca.
AMBIENTE E RISORSE IDRICHE
Nell’ultimo mese 14 depuratori, malgestiti dagli appaltatori privati e concausa dell’inquinamento marittimo, sono stati “attenzionati” dalla giunta. Responsabili degli impianti resteranno i Comuni o le società di gestione affidatarie, ma la Regione ha deciso di fornire supporto attraverso il Consorzio regionale per le attività produttive CoRAP. Invece di portare in mano pubblica impianti che sono stati letteralmente spolpati per il profitto dei privati, per i quali il servizio pubblico monopolistico è una vera gallina dalle uova d’oro, la Regione si limita ad affiancare ed aiutare i responsabili del disastro ambientale. La mancanza di un vero piano pubblico regionale sul tema ecologico si evince anche dall’affidamento, per oltre un milione di euro, alla stazione zoologica Dhorn della verifica sulla balneabilità di alcuni tratti della costa calabrese, con l’ente pubblico Arpacal esautorato dal compito a favore di un ente che non fa parte della PA regionale. La Calabria, d’altronde, continua a presentare dati di dispersione idrica più elevati della media nazionale per molti dei suoi comuni capoluogo di provincia. In questo contesto è stata l’unica regione d’Italia a vedersi bocciare il piano di risistemazione della rete idrica. La regione ha prima presentato un progetto da 104 milioni di euro per utilizzare i fondi React Eu dedicati al Sud Italia. Questo è stato però respinto dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile per l’assenza di tutta la documentazione necessaria, in particolare l’allegato relativo al modello di calcolo della spesa.
RIFIUTI
In sostituzione degli Ato provinciali (ambiti territoriali ottimali), la Regione sembra aver deciso per la gestione consorziata dei comuni, sui quali sarà operativa una «multiutility» che gestirà sia il ciclo dei rifiuti sia quello dell’acqua, altra emergenza locale. Ora, nessuno più di noi appoggerebbe una vera centralizzazione in mano pubblica del servizio di raccolta dei rifiuti e di erogazione dell’acqua. Il problema sta nel fatto che non si spinge per avere i fondi per rendere operativo un ente pubblico, il quale si limiterà, nel migliore dei casi, a coordinare e fare da garanzia all’operato delle stesse ditte private che oggi si arricchiscono con la raccolta dei rifiuti (spesso sottopagando anch’esse i loro operai). Consorziare gli attori economici privati non risolverà la commistione tra raccoglitori di rifiuti, proprietari di discariche e impianti di smaltimento e politica locale, vero motivo per la lentezza dell’implementazione della raccolta differenziata. Ma, d’altronde, è questo l’obiettivo dell’amministrazione regionale, sostenuta proprio da questi strati sociali.
In conclusione, l’attività dell’amministrazione Occhiuto si caratterizza come un colossale specchietto per le allodole, che attraverso riforme vacue, annunci e misure ridicole nel loro impatto sociale, spera di nascondere sotto il tappeto quel disagio e quel conflitto sociale che – giustamente – sta andando ad esplodere in un’area dove, come e più che nel resto del paese, il lavoro e i diritti fondamentali sono lasciati alla mercé dei padroni locali e della loro volontà di profitto, con il supporto non indifferente dei rappresentanti che essi stessi mettono nelle istituzioni.
Una situazione che potrà essere ribaltata solo quando i lavoratori, i disoccupati, gli studenti e le famiglie proletarie della regione insorgeranno modificando i rapporti di forza sul territorio e nei luoghi di lavoro in primis, vero ambiente in cui si “produce” il consenso forzato verso questa classe politica padronale.