Denunciamo la soluzione discriminatoria con la quale l’amministrazione della regione Calabria sembra voler mettere la parola fine alla lunga vicenda dei “tirocinanti della Pubblica amministrazione”, che da tempo seguiamo con attenzione[1] sostenendo le lotte dei lavoratori del settore.
Si tratta di una storia di sfruttamento di Stato che ha inizio nel 2010, quando in Calabria vengono istituiti i tirocini destinati a percettori di mobilità in deroga. Essi si sono svolti nei tribunali, nella scuola, nell’ambito dei beni culturali e dei comuni, da lavoratori che nonostante siano dipendenti di fatto non hanno mai usufruito di un contratto di lavoro e quindi di ferie, malattia pagata, contributi e diritti uguali ai loro colleghi. La condizione dei tirocinanti della PA rappresenta una delle più palesi aziendalizzazioni del settore pubblico, che opera ormai con escamotage e modus operandi simili a quelli delle imprese private, anche per via dei vincoli alla capacità di assunzione e dell’impoverimento di risorse che per anni hanno subito gli enti locali.
La precarietà dei tirocinanti, che anno per anno sono stati costretti a sperare nel rinnovo della loro posizione, è stata in Calabria uno dei tipici metodi attraverso i quali la politica locale e l’aziendalismo gestionale delle amministrazioni hanno reso i lavoratori ricattabili e avvicinabili con modalità clientelari. La mercificazione di questi individui da parte di comuni, enti pubblici e regione, l’utilizzo di migliaia di lavoratori per abbassare artificiosamente il costo del lavoro, potrebbero far parlare addirittura di una sorta di “caporalato amministrativo”, che permette alla politica locale di utilizzare promesse di rinnovi contrattuali ogni anno a fini elettorali.
Dopo anni di lotte, anche aspre, portate avanti dai tirocinanti nelle piazze, nelle strade e attraverso scioperi, anche insieme ad alcuni sindacati di base come l’USB, un emendamento alla legge di bilancio 2025 amplia le possibili destinazioni di reimpiego per i tirocinanti: non solo enti locali ma tutte le pubbliche amministrazioni, le quali potranno procedere all’assunzione a tempo indeterminato dei tirocinanti rientranti nei percorsi di inclusione sociale rivolti ai disoccupati già percettori di trattamenti di mobilità in deroga. Questi lavoratori non dovranno più accontentarsi dei circa 700 euro ricevuti ogni mese sotto forma di sussidio INPS ma potranno ottenere finalmente un contratto di lavoro.
Non sarà così, tuttavia, per coloro che rappresentano oltre un terzo del bacino di questi lavoratori: i tirocinanti con un’età superiore ai 60 anni. Per loro si prevede l’applicazione di uno scivolo pensionistico attraverso l’erogazione di un sussidio addirittura inferiore a quello finora percepito in veste di tirocinanti, al fine di “svuotare” il più possibile il bacino degli aventi diritto alla stabilizzazione. Una soluzione elaborata tramite un accordo-quadro dell’amministrazione regionale con i sindacati confederali, i quali si rendono così colpevolmente responsabili di tale politica discriminatoria. Si tratta di 25 milioni di euro che la Regione stanzierebbe per l’erogazione di un assegno di inclusione sociale che accompagnerà i lavoratori fino al raggiungimento dell’età pensionabile.
Si tratta di uno smacco, questo, che va a danneggiare questi lavoratori, molti dei quali parte di famiglie monoreddito, sia sul piano economico che morale: dopo 15 anni di assenza di inquadramento, dopo essere stati sfruttati come forza lavoro a basso costo per sostituire di fatto l’assenza di impiegati o operai regolarmente retribuiti, i tirocinanti “anziani”, ormai considerati poco utili, vengono scartati e costretti a vivere con un sussidio di 600 euro, poco superiore alla soglia di povertà in Calabria, che sarà una finestra temporanea prima di una probabile pensione sociale (ancora minore), visto che si tratta di persone private di ogni tipo di contributo pensionistico per lungo tempo. Un danno che va a colpire soprattutto le tirocinanti donne, doppiamente penalizzate in un contesto nel quale risulta oggettivamente impossibile per loro trovare un’occupazione alternativa a quell’età.
Dopo aver lottato per anni e, in molti casi, trainato la lotta dei colleghi più giovani, i tirocinanti ultrasessantenni si sentono adesso dire di non avere più il diritto al lavoro, di non avere diritto a beneficiare del contratto per cui hanno tanto combattuto, di possedere un valore minore dei dipendenti della PA con i quali, tuttavia, hanno condiviso per anni le mansioni. Proprio in una fase storica in cui, paradossalmente, si cerca di legittimare un aumento continuo dell’età pensionabile.
Contro un accordo che mira a creare discriminazioni tra i lavoratori, contro una decisione che punta a rompere il fronte della lotta dei tirocinanti, contro una prospettiva che vuole normalizzare la povertà per le persone considerate “meno competitive” ribadiamo il diritto ad un lavoro stabile e dignitoso per tutti e la necessità della lotta comune e senza divisioni dei lavoratori salariati, di ogni settore e area geografica.
Segreteria esecutiva federazione Calabria – Fronte Comunista
[1] https://www.lordinenuovo.it/2020/10/06/lamezia-terme-tirocinanti-pa-bloccano-superstrada/